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sabato

In Tanzania


Il giorno precedente avevo lottato con una strana fiacchezza e un po`di mal di testa. Una doccia calda mi aveva aiutato a passare bene la serata, ma quei sintomi erano sufficienti a farmi pensare al piu` comune dei mali del viaggiatore in Africa, la malaria.

Per evitare di convivere con quella paranoia che mi rendeva quasi ipocondriaco, c`era un`unica e semplice soluzione: fare il test.
Erano le 9 del mattino e il sole non si era ancora visto, la nuvole grigie che coprivano completamente il cielo facevano pensare ad uno scroscio imminente. I washamba, gli agricoltori, guardavano con apprensione il monte Meru e cercavano di capire se la pioggia tanto desiderata sarebbe arrivata oppure no. Molti di loro erano preoccupati, le piantagioni di mais si stavano seccando e, visto che non c`era nessun sistema di irrigazione alternativo alla pioggia, ora potevano solamente aspettare e sperare. Anch`io speravo che piovesse. Non solo perche` la polvere delle strade era insopportabile e l`acqua della tanica che riforniva la mia casa era quasi finita; pur non coltivando la terra, simpatizzavo con quelle persone che avrebbero sfamato le proprie famiglie con la farina prodotta dalle pannocchie.
Indossai il k-way e mi misi in strada. Anche se non ero in gran forma, non mi dispiaceva camminare e sgranchirmi le ossa che nelle ultime ore mi sembrava fossero diventate di marmo. Alla fermata di Kwa Lois salii sull`autobus e comunicai al cencioso bigliettaio la mia destinazione: Leganga.
Leganga e` la porzione finale di Usa River, sulla strada che porta ad Arusha. Sapevo che li vicino c`erano due ambulatori e che avrei potuto fare il test. La prima delle due cliniche che visitai era chiusa ed esponeva un cartello che pubblicizzava il partito  politico dell`opposizione; cosi` mi avviai verso la seconda, la Zahanati Marie Stopies.
-Buogiorno vorrei fare il test della malaria- dissi cercando di svegliare la grassoccia impiegata che si era appisolata sulla scrivania e non si era accorta che ero gia` entrato. Mentre quella si svegliava, arrivo`anche il dottore –Buongiorno! Benvenuto in Tanzania!- disse calorosamente. Notai che indossava un camice bianco sopra ad una camicia rossa con delle giraffine gialle e verdi stampate sul davanti.
-Vorrei poterti aiutare, ma hanno appena staccato la corrente e la nostra strumentazione non funziona senza elettricita`. Torna domani! Oppure...se ci compri un paio di litri di benzina possiamo usare il generatore- Stavo ancora fissando le giraffine disegnate su quella bizzarra camicia quando realizzai quello che il dottore mi stava proponendo. Per un attimo pensai di trovarmi sul set di un film comico, ma purtroppo quella era la dura realta` della Tanzania. Era risaputo che, se non diagnosticata in tempo, la malaria era una malattia che poteva portare alla morte. I numeri del paese parlavano chiaro, nonostante le campagne d`informazione sulla prevenzione e gli sforzi dei vari governi, in Africa la malaria era un killer pericoloso quanto l`AIDS. Quella clinica dall`aspetto pulito e moderno si rivelava completamente inutile e, come se non bastasse, il medico cercava di scroccarmi la benzina per il generatore... Ma non stavo cosi male, non ero cosi disperato da cedere a quella che per me era una richiesta quasi offensiva, preferivo prendere un altro autobus e andare fino ad Arusha.
Frugai nelle tasche del K-way e mi assicurai di avere abbastanza denaro, poi di nuovo in strada. Quella era la Tanzania, un bellissimo paese allo sbando. E, se quello era il servizio sanitario offerto, non c`era da stupirsi se le persone preferissero rivolgersi ai guaritori tradizionali che utilizzavano strani infusi ricavati da corteccie, erbe selvatiche e talvolta parti del corpo umano. Come quel prete-stregone di Loliondo. La sua popolarita` era ormai alle stelle, addirittura c`era chi ipotizzava di farlo entrare nel partito dell`opposizione e di eleggerlo primo ministro.
Dopo mezz`ora ero arrivato in citta`, presi un`altro daladala ed entrai all`AICC, un ospedale pubblico che avevo utilizzato anche in passato. L`entrata era appena stata imbiancata e migliorata nell`aspetto. Vidi alcuni operai che rimuovevano le scale e i secchi di vernice, una guardia controllava che nessun ladro cercasse di rubare quella preziosa attrezzatura. Dopo aver preso il mio bel numerino, andai a sedermi su una panchina di fronte all`entrata dell`ambulatorio. Per fortuna non c`era molta gente, cosi` entrai quasi subito. Nel giro di pochi minuti ero gia` seduto nel laboratorio di analisi del sangue e parlavo con un giovane medico con la siringa in mano. Provavo a convincerlo a non farmi quel prelievo, gli dicevo che forse non era necessario visto che per il test bastava una goccia di sangue presa dalla punta di un dito... Ma quello non volle saperne- Ehi, tu fai controllo totale! - Cosi` accettai, girai la faccia dall`altra parte e mi feci punturare dal medico. Poi uscii dalla stanza e andai a sedermi nel cortile, dove adesso c`era il sole e il cielo si era completamente aperto. Era quasi mezzogiorno, cosi`in attesa di sapere il risultato del test andai a mangiare alla canteen interna all`ospedale. Mentre ordinavo, un signore ben vestito sedette al mio tavolo, leggeva il giornale e muoveva la testa in segno di disapprovazione. Poi, come se il suo livello di sopportazione si fosse esaurito, comincio` a inveire contro il governo Tanzaniano –Che vergogna!-mi porse il giornale in modo che potessi vedere che cosa lo faceva arrabbiare cosi` tanto. In prima pagina c`erano le foto di alcuni parlamenti: Italia, Ucraina, Turchia, Giappone, Taiwan, India, Messico e Russia. Si vedevano alcuni politici che si azzuffavano, facevano rissa. La foto piu` ridicola era quella del parlamento Messicano, dove un politico strattonava un altro tirandolo...per i baffi! Il giornale titolava I loro parlamentari combattono anche fisicamente per sostenere un`idea. E i nostri invece?Appena piu` sotto, le ultime foto mostravano il parlamento Tanzaniano. Politici rilassati e addormentati nella sedia. L`aspetto piu` grave era che le immagini si riferivano ad una seduta parlamentare abbastanza importante, cioe`la discussione della crisi alimentare. Mr.Massawe, il mio interlocutore, era un fiume in piena –In tutto il mondo si parla della siccita`dell`Est Africa. I governi stranieri stanno gia` mandando aiuti alimentari. Ma gli unici che non se ne interessano sono i leaders Africani. Guarda qui...Dormono! Oppure fanno proposte dementi. Il governo Tanzaniano ad esempio ha deciso di proibire agli agricoltori di esportare i loro prodotti, finche`la crisi non sara` passata, ma cosi`i prezzi andranno giu` e i  produttori saranno scoraggiati a produrre in maggiore quantita`. E poi, noi facciamo parte dell`Unione dell`Est Africa. Il nord del Kenya e` messo male, perche` non dovremmo aiutarli esportando il cibo che produciamo? L`economia ne risentira`- Sembrava scontato che la carestia fosse un problema che dovevano risolvere i cosidetti “paesi ricchi” e che gli africani non partecipassero minimamente alla cura dei propri mali. Pochi giorni prima, avevo letto sul quotidiano Sudafricano The Times una storia interessante: l`associazione inglese OXFAM aveva proposto una raccolta fondi, utilizzando lo slogan African solutions to African problems. La risposta era stata completamente inadeguata, tanto che il responsabile del progetto dell`OXFAM, Irungu Houghton, se ne era lamentato; aveva chiesto che come minimo si raggiungesse la cifra di 50 milioni di dollari tra tutte le nazioni del continente nero, ma solamente Sudafrica, Namibia, kenya e Sudan avevano aperto il portafoglio e messo qualcosa nella raccolta anti carestia. Allora, per non lasciare troppo vuota la saccoccia erano intervenuti: USA con 580 milioni di dollari e UK con 205 milioni di dollari, nella classifica seguivano Australia e…il Giappone! Nazione che, visto il devastante terremoto, avrebbe potuto passare la mano. Anche l`Arabia Saudita si distingueva con 60 milioni di dollari, la donazione piu` generosa proveniente da un paese musulmano.
Ma mentre pensavo a quei numeri e agli affamati nel mondo arrivo` il cameriere e servi` il mio pranzo: un piatto colmo di riso e pesce fritto e verdura e papaia. Cosi potevo dedicarmi con attenzione alla mia fame e alla mia salute. Godevo dello splendido cibo nel mio piatto e della conversazione con Mr.Massawe. Quello intanto continuava a parlare e ad agitare verso il cielo il suo giornale- In Tanzania gli agricoltori sono il 95% della popolazione, hanno bisogno di vendere i loro prodotti. Se il governo prolunghera`il divieto di esportazione ci sara`un problema!- Mr.Massawe aveva gia`iniziato a mangiare e a calmarsi un po`quando improvvisamente mi porse ancora il suo quotidiano invitandomi a leggere un altro titolo che diceva –Il governo vuole vietare le manifestazioni di protesta durante gli orari di lavoro. Sei d`accordo?- Trovavo quella proposta folle, ma il fatto che quel giornale (il citizen) proponesse un sondaggio in proposito faceva ben sperare. Forse quella proposta non sarebbe mai passata, pensavo. –Benvenuto in Tanzania! Ah beato te che sei Italiano!-disse Massawe- Roma, pizza, il Papa, Ferrari, Milan, Juventus, Materazzi...-Sorrisi e non dissi nulla, pensando che la maggior parte delle cose che Massawe aveva elencato...non m`interessavano. Poi, dopo aver finito il pesce e pensato per un attimo all`esotica Italia, mi diressi verso il laboratorio analisi dove un`infermiera molto carina mi comunico`che non avevo nulla e che voleva che le insegnassi la lingua italiana. Cosi`, sollevato dal pensiero della malaria, presi il suo numero di telefono e mi avviai verso l`uscita. Un paio di tassisti si avvicinarono offrendomi un passaggio ad un prezzo completamente irragionevole, ma non li guardai nemmeno. Stavo bene, avevo voglia di camminare e, cosa piu`importante, non ero malato.
Prima di uscire mi fermai un attimo a guardare uno strano uccello che si era posato sul recinto dell`ospedale.
Ero attratto da quella combinazione di colori cosi`brillanti: azzurro, verde, arancione e viola.