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lunedì

Aspettando che l`acqua si muova



La sua voce era terribile, inascoltabile, al limite della sopportazione. Anche le casse dell`impianto audio sembravano non tollerare quelle frequenze quasi disumane che andavano oltre qualsiasi pezzo di musica Death Metal (senza offesa per la musica Death Metal). Eppure davanti a lei c`era una folla numerosa che ascoltava attentamente e si faceva coinvolgere. Con una voce che sembrava salire dalle viscere dell`inferno inizio`il suo sermone: sono venuta per dirvi che...il demonio non vincera`! Il signore mi ha inviato qui per dirvi che...le vostre catene saranno spezzate e sarete liberi! Gesu`Cristo Gesu`Cristo Gesu`Cristo... Lei gridava versi dell`antico testamento e agitava le braccia. La folla esultava oppure taceva impaurita. I piu` coraggiosi, si recavano sotto il palco per farsi toccare e per ricevere una particolare benedizione. Lei  allora afferrava il soggetto per il cranio e urlava una preghiera che veniva diffusa dal microfono e dalle casse dell`impianto. Adesso era il turno di una giovane ragazza. Quasi subito quella si mise a piangere e strillare, poi cadde a terra priva di sensi. La folla allora commentava: Guardate! I peccati, i suoi peccati l`hanno fatta cadere!
Non era la prima volta che assistevo a quelle esibizioni. Si trattava dell`ennesimo incontro di preghiera organizzato dalla chiesa pentecostale. Sarebbe durato una settimana, e cigliegina sulla torta, quei ministri di dio, cosi` si definivano gli organizzatori dell`evento, avrebbero alloggiato nella casa accanto alla mia. Da un lato ero disturbato dalla loro presenza perche`sapevo che erano personaggi un tantino intrusivi e soprattutto rumorosi, ma ero anche curioso di vedere da vicino quegli strani predicatori, avrei potuto conoscerli e magari discutere con loro, cioe`divertirmi a controbattere un po` le loro presuntuose convinzioni. Mi aspettava una settimana di urla, strilli, esorcismi e  presunte guarigioni.
Il protagonista principale di quella farsa religiosa era Wilma, (disturbo di personalita` borderline con marcati tratti antisociali) una signora che veniva da Morogoro, una citta` storicamente sede di molte missioni cristiane, fin dai tempi del colonialismo tedesco. Conobbi Wilma e i suoi collaboratori il giorno successivo al loro arrivo. Avevano appena terminato la loro prima celebrazione e adesso si apprestavano a rientrare in casa, per riposare e fare una chiaccherata con me, come aperitivo prima di cenare. Dopo le presentazioni mi chiesero che cosa pensassi dell`incontro al quale avevo assistito, e io,  dopo una veloce analisi della situazione, risposi semplicemente...bello!  perche`certamente non avrei potuto dire che secondo me erano un gruppo di pazzi che aizzavano la folla e usavano la religione per erigersi sulla povera gente.
Pastor Nanyaro, uno dei ministri, infilandosi ripetutamente le dita su per il naso oral-nasal-no-stop mi illustro`l`intento dei loro incontri:
E` risaputo che in questa zona ci sono molte persone che praticano l`uchawi, la magia diabolica. Usano le forze soprannaturali per colpire i loro vicini, per danneggiarli. La tribu` Meru ha sempre utilizzato queste pratiche.  L`unico potere in grado di fronteggiare l`uchawi e`lo spirito santo, ma deve essere utilizzato in un certo modo...e noi sappiamo come fare, ce ne intendiamo bene di soprannaturale! Ah ah! Per questo siamo qui, per fare una bella pulizia! La spiegazione di Nanyaro era la prova di quello che era successo nell`Est Africa intorno al 1920. All`epoca, il risentimento nei confronti dei colonizzatori era in aumento, e gli africani avevano iniziato a ribellarsi. La nascita di una chiesa indipendente era stata una delle prime espressioni del rifiuto dei coloni. Le nuove chiese africane, in opposizione al volere dei missionari europei, rifiutavano di abbandonare i riti e le credenze tribali, e mescolavano un po`di questo e un po`di quello, come la poligamia, l`uccisione di animali in sacrificio, e l`immancabile ossessione per gli spiriti maligni. Una sorta di chiesa personalizzata, in modo per marcare la propria diversita` nei confronti dell`uomo bianco.
Guardandoli da vicino pero`, quei signori ben vestiti e  troppo profumati, mi facevano pensare ad una versione africana di Jimmy Swaggart, il tele-predicatore americano piu` famoso del mondo, quel tizio che dopo aver raggiunto l`apice del successo (e della ricchezza personale) era stato travolto da uno scandalo che lo vedeva evasore fiscale e assiduo frequentatore di prostitute troppo giovani. Conoscevo Jimmy Swaggart perche`avevo visto i suoi dvd in vendita in alcuni negozi di Arusha. Mi era stato detto che i suoi sermoni erano fonte di ispirazione per molti pentecostali africani, cioe`le sue prediche venivano tradotte e copiate in lingua swahili. Parladone con i ministri di dio seduti accanto a me, venne fuori che anche loro lo conoscevano e lo amavano: Oh Jimmy Swaggard! Certo che lo conosciamo, e` un grandissimo oratore ed e`ancora considerato il numero uno. E nessuno sa parlare alla folla come lui. Dopo lo scandalo e` tornato in televisione per ammettere in pubblico la sua colpevolezza, e tra le lacrime ha chiesto scusa. Oggi partecipa a qualche programma radiofonico, ma sicuramente non gode della stessa fama che aveva negli anni ottanta...
Il caso volle che uno dei predicatori avesse con se un dvd del vecchio Jimmy, cosi` non esito`metterlo nel suo computer portatile. Mi sistemai nel divano, pronto per la proiezione. La traccia proposta s`intitolava Aspettando che l`acqua si muova. Un titolo perfetto per gli africani, pensavo, che invece di aspettare i movimenti dell`acqua avrebbero dovuto rimboccarsi le maniche e sistemare le scuole, le strade e magari anche le fontane, visto che spesso perdevano acqua, alla faccia della tremenda siccita`e della conseguente crisi alimentare. Riflettevo sul fatto che, se da un lato la chiesa aveva indubbiamente fatto e aiutato e costruito molto per l`Africa, dall`altro diffondeva messaggi che proponevano la passivita` e l`attesa. E gli africani eseguivano alla lettera: non lavoravano, si riposavano sotto le piante, in attesa che le loro mogli preparassero il pranzo, aspettando che l`acqua si muova.
Ecco che il vecchio Jimmy iniziava il suo monologo: Apriamo la bibbia al capitolo 5 di Giovanni. Il capitolo riporta un bellissimo racconto. Ho scelto questo racconto perche` secondo me definisce, chiarisce com`e` l`umanita` oggi, inclusi voi e incluso me! Dovete sapere che, a Gerusalemme, presso la porta delle pecore, c`e una vasca chiamata in ebraico Betesda, che ha cinque portici. Sotto questi portici giaceva un gran numero di  infermi,  ciechi, zoppi e storpi i quali aspettavano l`agitarsi dell`acqua, perche`un angelo, in determinati momenti, scendeva nella vasca e agitava l`acqua. E il primo che vi scendeva dopo che l`acqua era stata agitata, era guarito di qualunque malattia fosse colpito...Avete capito? Siamo in una piazza di mercato, in mezzo alla gente comune. Gesu` si reco` in quel misero luogo dove giacevano tutti qui malati, quegli infermi, quei sofferenti...e non nelle ricche grandi cattedrali dell`occidente! Mi avete sentito? Non in quei luoghi di culto pieni d`oro e argento! Mi avete sentito?
La visione del dvd fu temporaneamente interrotta quando un altro ospite entro` in casa. Si trattava di una giovane madre col suo bambino. Disse che aveva bisogno di un incontro privato con Wilma, al fine di guarire lei e suo figlio da una malattia. Allora, mentre io premevo ancora play e con gli altri ospiti continuavo col Jimmy Swaggart, Wilma,  che adesso indossava un paio di occhiali a specchio che la facevano sembrare ancora piu` pazza, assieme all`ospite si diresse in un altra stanza, dove dopo pochi attimi iniziarono le urla e i pianti isterici del bambino che era evidentemente terrorizzato.  Sapevo cosa stavano facendo, quindi non mi preoccupavo e la prendevo alla leggera, anche se dentro di me disprezzavo quei predicatori che invece di aiutare le proprie comunita`, diffondevano ignoranza e le proprie paure. Il paradosso era che erano in buona fede, cioe` pensavano che davvero strillare addosso alle persone fosse la cosa migliore da fare per guarire una malattia. Ma intanto ascoltavo Jimmy Swaggart che proseguiva il suo sermone: La chiesa di Gesu` non puo` confinare se stessa in quattro mura! Non importa quanto siano comodi i posti a sedere o quanto elaborato sia l`impianto audio. Dio non ha mai inteso che ce ne stessimo seduti a pregare e a discutere di dottrina, egli ha messo a disposizione la sua potenza, lo spirito santo!...Amica, se tu di domenica vai in chiesa per mostrare il tuo nuovo cappellino e il tuo vestito nuovo stai perdendo il tuo tempo! Amico, se tu vai in chiesa per discutere di affari con altra gente e stipulare nuovi contratti e mostrare il tuo abito firmato stai perdendo il tuo tempo!...Adesso vorrei esaminare un altro passo della nostra lettura. Al versetto 14, dopo averlo guarito, Gesu` disse all`infermo va e non peccare piu`, che non ti accada di peggio! In un modo che non ci e`rivelato, fa capire che il peccato era la causa di quell`infermita`, altrimenti Gesu` non avrebbe detto quelle parole...  
Nel frattempo notai che alcune persone si erano avvicinate alla casa, probabilmente incuriositi da quelle strane grida, si mettevano in fila perche` anche loro volevano un incontro privato. Wilma pero`, al termine della seconda preghiera-esorcismo disse che il suo tempo era terminato e che avrebbe continuato il giorno successivo. Anche il sermone di Jimmy Swaggart era finito, cosi`approfittai per andarmene da quello che, quel pomeriggio, a tutti gli effetti mi era sembrato un luogo di tenebra. Ridacchiando, pensai che mi mancava soltanto di incontrare il folle Kurtz (*) e di sentire le sue ultime e disperate parole: l`orrore, l`orrore...Per rinfrescarmi i pensieri allora, andai a passeggiare fino al fiume del villaggio di Leray. Una volta arrivato vidi che le grandi piogge ne avevano trasformato forma e aspetto. L`acqua adesso era abbondante e ricopriva completamente le pietre nel fondale. Il rumore prodotto della corrente sovrastava ogni altro suono. Le piante erano tornate ad essere verdi e rigogliose, e alcuni grossi volatili se ne stavano appollaiati sui rami, immobili e attenti.
Ero sereno e potevo tornarmene a casa.
Almeno quella era Africa.   

(*)personaggio del libro Cuore di Tenebra

http://www.youtube.com/watch?v=b7Ta74EJAz8&feature=related


domenica

Breve cronaca di una passeggiata




Vado a Nkoaranga, una localita` dove c`e` anche un vecchio ospedale costruito dai tedeschi durante il periodo coloniale. Da li proseguo in un sentiero che sale verso la foresta che si trova alla base del monte Meru. Circa dopo un`ora di cammino arrivo in un villaggio chiamato Songoro. C`e` una scuola e una chiesa di recente costruzione. Per il resto intorno a me vedo case sparpagliate su una serie di colline verdeggianti. La vegetazione e` molto fitta e fiorente. C`e` molto sole e il verde intorno a me e` totale, quasi ubriacante. La temperatura molto pu` fresca qui che non  in basso. L`acqua sembra abbondante anche in questo periodo di siccita`. Oltre a qualche fontana vedo 3 grandi vasche di cemento che raccolgono acqua. Anche queste penso siano di costruzione tedesca. L`agrucoltura e` ben sviluppata, ci sono piccole piantagioni di caffe`e molte coltivazioni di carote, patate e mais. Gli abitanti di questa zona sono tutti della tribu` Meru. Alcuni di loro non parlano nemmeno swahili, ma soltanto kimeru:

Kwasinda aree?- come va la giornata?

Eka, kwasinda aree nawe?- Bene grazie e tu?

kwifare-stai bene?

Nifokisha, noore ukasha ndi-sto bene, non ho malanni

Per la strada, parlo con un signore anziano che mi dice che da qui e` possibile raggiungere Kilenga e successivamente Ngongongare, cioe` arrrivare nei pressi dell`universita`, abbastanza vicino a dove abito. Il vecchio dice che 2-3 ore sono piu` che sufficenti per arrivare, ma siccome sono gia` le 4 del pomeriggio decido di rientrare e di non avventurarmi nel sentiero. Non ho paura di perdermi, la strada e` percorsa anche da motociclette, pero` essendo estremamente vicino all`Arusha National Park e` probabile che  verso il tramonto gli animali selvatici si facciano vedere. Non ci sono felini pericolosi, ma le iene e i bufali e gli elefanti si, quindi decido di tornare la settimana successiva e di iniziare l`escursione di mattina. Ad un tratto mi fermo di colpo e provo a guardare con maggiore attenzione. C`e` una scimmia che si arrampica velocemente. Si nasconde, si sporge per guardare, sale ancora un po` e alla fine si ferma su un grosso ramo. Adesso si sistema un po` piu` in alto, se ne sta li senza piu`preoccuparsi di nascondersi. Ormai e` al sicuro, abbastanza  lontana da sentirsi protetta. Mi guarda. Ci guardiamo per un po`. E` bianca, con la faccia nera, un bel contrasto che la fa sembrare dipinda come una maschera. Cercopithecus aeithiops, una scimmia molto comune e facile da vedere da quelle parti.

Sulla strada del ritorno mi fermo a guardare il panorama. Il cielo si e` aperto ed e` possibile scorgere il lago Doluti, situato nei pressi di Tengeru, una cittadina sulla strada che porta ad Arusha. Proseguo ulteriormente e, poco prima di arrivare vicino all`ospedale dove avevo iniziato l`escursione, mi sembra di sentire una voce, un suono gracchiante.... Ecco, adesso posso vederla, appoggiata sul davanzale di un negozio che vende qualsiasi cosa, una radiolina scassata che spara a tutto volume la notizia del giorno: il colonnello Gheddafi e` stato ucciso, i rivoluzionari esultano, Allahu akbarr!



sabato

Bombe e delinquenti a Dar Es Salaam





Anche questa volta mi trovavo a Dar Es Salaam per il permesso di soggiorno. Come la volta precedente l`attesa era lunga e snervante. Tutti i giorni andavo all`ufficio immigrazione a vedere se i miei documenti erano pronti, e tutti i giorni me ne tornavo in albergo a mani vuote. Ma non ero preoccupato, ormai sapevo che quell`eterno aspettare faceva parte della vita africana. Invece di arrabbiarmi e perdere la pazienza, cercavo di organizzare al meglio le mie giornate, cosi`i pomeriggi li passavo a camminare sulle colline appena fuori citta`oppure andavo al kipepeo beach a mangiare pesce e fare una nuotata nelle calde acque dell`oceano indiano. Una sera, assieme ad alcuni italiani che si trovavano in citta`, andai a bere una birra al Red Onion, un locale gestito da indiani che si trova in centro, su una bella terrazza pulita e ventilata. Dopo un po` di chiacchere mi spostai nella sala TV perche` mi ero accorto che stavano trasmettendo le scene iniziali di Fratello dove sei?, dei fratelli Coen. Il film, ironicamente inspirato all`Odissea di Omero, racconta la storia di tre evasi dai lavori forzati che attraversano l`America rurale della grande depressione. Sono alla ricerca di un tesoro di un milione di dollari e, senza saperlo, durante il loro viaggio diventano acclamati idoli della musica country.
 

Dal film «O Brother, Where Art Thou?»
Mississippi, fine anni trenta.
Everet: - Le spiace se ci uniamo a voi, vecchio?
Il Cieco: – Unitevi a me, figlioli. Unitevi a me.
Delmar: – Si lavora per la ferrovia, nonno?
Il Cieco: - Io non lavoro per gli uomini.
Pete: - Hai un nome, vero?
Il Cieco: - Io non ho un nome.
Everet: - Questo potrebbe essere il motivo per cui ha difficoltà a trovare un lavoro retribuito. Vede, nell’ambito del libero commercio…
Il Cieco: – Voi cercate una grande fortuna: voi tre che ora siete in catene troverete una fortuna, anche se non sarà la fortuna che cercate. Ma prima… prima dovrete viaggiare, percorrere una strada lunga e difficile, una strada irta di pericoli, mm-hmm. Vedrete cose… cose meravigliose da raccontare. Vedrete una… una mucca …sul tetto di una casa del cotone, aah. E, oh​​, tanti tanti fatti portentosi. Non posso dirvi per quanto sarà lunga quella strada, ma non temere gli ostacoli sul vostro cammino, poichè il destino vi ha accordato la vostra ricompensa. Anche se la strada è tortuosa, sì, e il vostro cuore scoraggiato e afflitto, voi seguite il vostro cammino, seguitelo fino alla vostra salvezza.

 

Proprio mentre mi gustavo quel bel film sentii un botto tremendo. Poi un`altro ancora. Guardai il cielo per essere sicuro che non si trattasse di un temporale in arrivo. Guardai anche il nuovo edificio che stavano costruendo i cinesi, e tutto mi sembrava normale. Il gestore del locale allora, un indiano imbronciato che trattava male i suoi dipendenti, venne anche lui sulla terrazza, e dopo un`attenta analisi del cielo disse che si trattava proprio di un temporale e che non c`era da preoccuparsi. Il giorno dopo pero` i giornali titolavano Esplosioni nella notte, decine di morti e numerosi feriti. Quella notte, forse a causa di un corto circuito, era esploso un deposito di armi. Da qualche anno, il quartiere di Gongo La Mboto, uno dei piu`brutti e affollati della citta`, ospitava il vecchio e obsoleto arsenale dell`esercito Tanzaniano. Non si trattava del primo incidente, anche nel 2008 lo stesso magazzino era esploso e causando morti e feriti. E stavolta era andata anche peggio visto che gli sfollati erano centinaia ed era stato necessario sistemarli nello stadio della citta`. Comprai due giornali per saperne di piu`, mi sembrava strano che l`esercito avesse un deposito di bombe e munizioni in un quartiere abitato...Lessi gli articoli e li trovai molto superficiali perche` non mettevano la vicenda sotto la lente d`ingrandimento. I titoli pero` mi piacevano Dar si Salama! (Dar non e` sicura) e BOMB la Mboto giocavano bene con le parole ed erano provocatori al punto giusto. Quasi a confermare quei titoli che descrivevano bene lo stato di salute della citta`, il giorno successivo fui testimone di un altro fatto di cronaca nera. Verso mezzanotte, prima di rientrare al YWCA, l`albergo dove alloggiavo,  mi ero fermato a chiaccherare con uno dei guardiani dell`Holiday Inn, un altro albergo poco distante. Ad un certo punto, vidi un gruppo di circa 10 persone, armate di coltelli e pietre che provavano ad entrare al YWCA, cioe` il mio albego. Con una grossa pietra avevano frantumato il vetro della porta d`ingresso e si apprestavano a salire ai piani superiori. Chiaro che il loro obiettivo erano i dollari contenuti nei portafogli dei numerosi turisti. In un attimo pero`, tutti i guardiani degli alberghi nelle vicinanze erano accorsi sul luogo e avevano letteralmente bastonato e preso a calci i rapinatori che dopo quella lezione se ne stavano accovacciati, imploranti e doloranti e a mani vuote. I criminali erano stati bloccati, puniti sul posto e arrestati, senza che venisse espoloso un solo colpo d`arma da fuoco. Un buon esempio di giustizia africana efficiente che non aveva nulla da invidiare a quella europea, spesso lenta e troppo burocratica.   
http://www.youtube.com/watch?v=ICmju7PD4kc
http://www.youtube.com/watch?v=UVsZW9D99n8

domenica

Kaburu (che cosa significa e altre notizie correlate)





Quando vado ad Arusha, vedo spesso i procacciatori di clienti, quei ragazzotti drogati e fastidiosi che cercano di imbrogliare i turisti che vogliono andare a vedere gli animali selvatici. Provano a convincerli a scegliere un operatore turistico rispetto ad un`altro o a farsi ingaggiare come guide. In realta`, a causa del loro comportamento aggressivo e rissoso, il risultato che ottengono e` che i turisti scappano e si rifugiano dentro qualche ristorante, in attesa di trovare una migliore via di fuga. A volte mi capita di essere approcciato da quei rompiscatole. Di solito non li  guardo nemmeno e ho la pazienza di aspettare che si tolgano di torno. La mia reazione non amichevole ma pacifica, funziona abbastanza bene, pero` mi sono accorto che in risposta qualcuno mi chiama  con quel nome, Kaburu. Pensavo fosse una parolaccia, un`imprecazione. Poi pero` ho controllato nel vocabolario e ho trovato un`altra parola importante da ricordare. Significa Boero.
La storia
Verso la meta` del 1600, gli olandesi della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, crearono il primo insediamento stabile nella zona dell`odierna di Citta` del Capo. Era l`inizio della colonizzazione del Sudafrica. I Boeri, discendono dai lavoratori di quella compagnia marittima che ad un certo punto provarono a creare una comunita` autonoma indipendente dal loro datore di lavoro. Erano Olandesi, Francesi, Tedeschi e anche Ugonotti, cioe`un gruppo di cristiani in fuga dall`Europa, perseguitati perche` si opponevano alla chiesa di Roma.  Svilupparono una propria cultura e una propria lingua, l`afrikaans. Poi arrivarono gli Inglesi e occuparono la colonia. I Boeri, sentendosi oppressi dal dominio Britannico, intrapresero il Grande Trek, cioe` un lungo viaggio verso nordest, in cerca di una terra dove vivere. Si scontrarono con alcune tribu` e fondarono le repubbliche Boere, dove successivamente scoprirono importanti giacimenti di pietre preziose. Gli inglesi allora, decisi ad espandersi e a mettere le mani sulle miniere, iniziarono un conflitto coi Boeri che coinvolse anche le popolazioni locali. Una guerra, anzi tre sanguinose guerre che vista la situazione di stallo dovuta alla resistenza Boera, si conclusero con un compromesso che segno` la nascita dell`Unione Sudafricana. A distanza di un secolo, l`oppressione Inglese nei confronti dei Boeri e`ancora oggi oggetto di divisione. I Boeri, rivendicano continuamente il fatto che, parlare di popolazione bianca Sudafricana non ha senso. I Boeri si definiscono una nazione a parte, un gruppo etnico che e` nato in Africa e non in Europa.
Il Sudafrica oggi
Con la fine dell`apartheid e l`elezione di Mandela, il mondo ha osservato con apprensione  il nuovo Sudafrica, scongiurando una possibile guerra civile. Guerra che ufficialmente non e`mai avvenuta, ma stando ai dati ufficiali del paese, i numeri della criminalita`sembrano quelli di un paese in guerra. Ventimila omicidi e cinquantamila stupri (denunciati) all`anno. Al giorno sono rispettivamente 54 e 136. Inoltre, le statistiche dicono che oggi il rischio di essere assassinati in Sudafrica è 12 volte più elevato che in America e 50 volte più alto che in Europa. Fra i paesi non coinvolti in un conflitto militare, soltanto un colombiano rischia la vita più di un sudafricano.
Qualcuno sostiene che la cosidetta nazione arcobaleno, una dozzina di lingue ufficiali e altrettanti gruppi etnici, sia solo un calderone, la dimostrazione del fallimento delle politiche di integrazione, un semplice assemblaggio forzato di popolazioni diverse che non hanno nulla da spartire. Di questo avviso sono anche i Boeri, i quali vorrebbero una porzione di territorio per la loro nazione, il Volkstaat, come lo chiamano loro.
Oggi il Sudafrica ha circa 47 milioni di abitanti. In una recente intervista, Hellen Zille, rappresentante del Democratic Alliance, principale partito di opposizione in Sudafrica, premiata nel 2008 come miglior sindaco del mondo (Citta`del Capo) e ora presidente della provincia di Western Cape, ha dichiarato che in Sudafrica ci sono 5 milioni e mezzo di persone registrate che pagano le tasse e 13 milioni di persone che vivono di sussidi statali.
Xenofobia
A partire dal 2008, in Sudafrica e` iniziata la caccia al migrante. I giornali hanno parlato di ondata xenofoba, il governo ha schierato l`esercito, Medici Senza Frontiere ha paragonato la situazione ad una crisi umanitaria. Ogni tanto, nelle township delle grandi citta`della nazione arcobaleno, i giovani Sudafricani danno sfogo alla loro rabbia contro gli immigrati. Regolari o irregolari non fa differenza. L`immigrato ruba il lavoro dei locali e quindi va cacciato oppure eliminato. A Johannesburg alcuni immigrati sono stati arsi vivi. Piu`a nord, nei pressi del fiume Limpopo, dove centinaia di Zimbabwiani attraversano il confine cercando di fuggire la miseria del loro paese, sono state segnalate rapine e violenze di ogni genere. Molti Zimbawiani, sono rimasti talmente traumatizzati che hanno deciso di tornare indietro.
Spara al Boero
Spara al Boero e` il titolo di una canzone da sempre cantata dai sostenitori dell`ANC, il partito al governo di cui Nelson Mandela (premio nobel per la pace) e` stato leader. La canzone e` recentemente stata oggetto di dibattito quando l`attuale leader della sezione giovanile dell`ANC, Julius Malema, ha espressamente incitato i suoi sostenitori a cantarla durante le assemblee pubbliche. Mentre la cantano gesticolano e si muovono come se stessero usando un mitra. Allora, i rappresentanti della la minoranza bianca Sudafricana, circa il 13% (i boeri sono circa la meta`), hanno chiesto alla Commissione per la verita` e riconciliazione (tribunale speciale creato nel dopo apartheid per favorire la pacificazione)  che la canzone venga messa fuorilegge in quanto incita la violenza e va contro i principi su cui e` fondato lo stato Sudafricano.
Julius Malema
Attuale leader dell`ANCYL e probabile prossimo canditato alle elezioni nazionali. Amico personale e sostenitore di Robert Mugabe, dittatore dello Zimbabwe. E` l`uomo del momento. Probabilmente lo e` diventato quando durante una conferenza stampa ha dato del “bastardo”ad un giornalista della BBC che gli aveva fatto una domanda non gradita. I giornali parlano di lui tutti i giorni, senza tregua. Oggi, oltre ad essere il promotore dell`ormai celebre canzone spara al Boero, e` protagonista di uno scandalo finanziario. Il suo tenore di vita non e` compatibile con lo stipendio che riceve, cosi` i giornali lo attaccano e gli chiedono di rispondere. Ma Julius non si fa intimidire, controbatte dicendo che e` ora che le miniere del paese vengano nazionalizzate e tolte al malvagio uomo bianco. Secondo lui, il Sudafrica dovrebbe imitare lo Zimbabwe, cioe` espropiare le terre e le fattorie ai bianchi.
Farmers uccisi
Secondo alcuni giornalisti, in Sudafrica sarebbe in atto un genocidio silenzioso nei confronti della popolazione bianca. Molte delle vittime sono i propietari delle fattorie. Dalla fine del regime dell`apartheid, i farmers assassinati sono migliaia, molti di loro sono Boeri. Le associazioni in difesa degli agricoltori parlano di genocidio perche`spesso succede che quando un gruppo armato entra in una fattoria, non viene rubato quasi nulla, ma tutti i presenti vengono uccisi e spesso torturati, anche i bambini. Per questo si pensa che dietro queste aggressioni ci siano i servizi segreti del governo che punta all`eliminazione fisica della popolazione bianca in Sudafrica. Una sorta di risposta a tutte le violenze avvenute durante gli anni dell`apartheid. I farmers inoltre denunciano la censura delle notizie relative agli assalti e l`isolamento in cui sono costretti. Si lamentano del fatto che mentre durante gli ultimi anni dell`apartheid ci fu` una mobilitazione mondiale in sostegno di Mandela e dell`ANC, oggi nessuno si sogna di prendere le difese degli agricoltori uccisi e di condannare la violenza nei loro confronti.

Una settimana



Lunedi
Vado a Moshi a prendere il portatile perche’ William mi dice che e’stato riparato. E’ stato lui a suggerirmi il tecnico da consultare. Quando arrivo al negozio e ho gia’ pagato 20euro e sono pronto per andarmene non si tova piu’ la borsa tracolla. Il gestore allora inizia a cercare e a parlare con i suoi impiegati. Dopo un’ora di vane ricerche mi viene detto che la borsa ce l’ha William. Era stato lui ha portare il computer al negozio, poi se ne era andato con la tracolla senza pero’ avvertirmi. Allora il gestore, in alternativa mi propone un sacco nero della spazzatura, per avvolgere il vecchio laptop ed evitare che si bagni, visto che sta piovendo. Per tornare a casa faccio una fatica bestiale.

Martedi
Mi sono svegliato alle 5 per via della pioggia. Uno scroscio di circa 3 ore che ha temporaneamente inondato le strade di Imbaseni.
Quando esco di casa gli abitanti del villaggio mi raccontano il fatto del giorno:
Hasani aveva due mogli, ma una e’ morta la scorsa settimana.
Fino a qualche anno fa Hasani era musulmano. Poi, stancatosi delle regole troppo restrittive, aveva deciso di diventare cristiano, piu’ precisamente pentecostale. Nella sua conversione pero’ non aveva rinunciato alla poligamia, accettata dal governo tanzaniano (fino a quattro mogli). In passato il fatto di avere due mogli gli aveva causato dei problemi, ad esempio non era ben visto dagli altri appartenenti della sua chiesa. Tutti gli dicevano: lascia la vecchia e tieni la giovane! Ma Hasani aveva preferito tenerle tutte e due. Per facilitare la vita della sua famiglia, Hasani seguiva il modello Masai: le due mogli vivevano in due case separate all’interno della stessa proprieta’, all’ora di pranzo entrambe preparavano un po’ di cibo che Hasani consumava. Poi e’ successo il fatto: la moglie piu’anziana e’morta, dopo 3 giorni di  coma  all’ospedale di Tengeru. La signora, 50anni, era incinta. Sembra che un aborto spontaneo l’abbia uccisa. Questa e’ la versione ufficiale, ma nel villaggio si dice che la donna sia stata uccisa dalla moglie piu’ giovane. Precisamente avvelenata, e il veleno sarebbe stato fornito da una strega praticante. -Di sicuro qualcosa di strano e’ successo- racconta Nakayo, un amico di famiglia.-quando ho ricevuto la notizia sono andato a trovarli, erano tutti allegri! I figli della donna morta, provenienti dal primo matrimonio si sono presentati ieri. Giurano vendetta. Dicono che bruceranno la casa di Hasani con dentro  tutta la sua famiglia- . Poi Nakayo dice che deve andare ad Arusha, gli e’ stato chiesto di organizzare il funerale.


Mercoledi
Verso le 5 del pomeriggio sento delle urla disumane. Provengono dalla grande dining room. Non mi preoccupo perche’ so gia’ di cosa si tratta. Tuttavia sono curioso e, con molta calma, vado a vedere. Quando arrivo sulla porta chiedo che cosa stia succedendo, se qualcuno si e’ fatto male...-Mapepo!- mi rispondono in coro i presenti, cioe’ spiriti cattivi. A terra, al centro della stanza giace una studentessa di circa sedici anni. Ha gli occhi chiusi, si dimena nel pavimento urlando come una pazza isterica. Al suo fianco, la matron con la bibbia in mano che con fervore dice ripetutamente toka toka mungu ni nguvu...(esci, esci, dio e’ potente)
Le urla vanno avanti per circa mezz’ora, quando l’esorcismo finisce posso accendere la radio e ascoltare il radiogiornale senza fastidiosi influssi malefici. 
Giovedi
Oggi lezione di Inglese. Spiego il passato semplice, poi invito gli studenti a comporre semplici frasi utilizzando il verbo che io propongo. Arriva il turno di Fabiola, una ragazza alta e un po’sgraziata.
Io dico: transmit
Lei ci pensa un attimo e poi risponde – ieri... ho trasmesso l’HIV al mio fidanzato!!!-
Tutta la classe ride a crepapelle per 10 minuti.
Venerdi
Da ieri non c’e’ elettricita,’ cosi’verso mezzogiorno vado in citta’ per usare internet. Prima pero’ vado a mangiare al ristorante Transit Inn: pollo arrostro e patatine e riso con contorno di papaia, banane e avogado. Poi entro nell’internet cafe. Quando mi siedo la giovane impiegata mi fa notare che sta utilizzando il generatore percio’ dovro’ pagare di piu’. Apro la posta elettronica e mi trovo la mail di un certo Pallangyo (che penso di non conoscere o non mi ricordo chi e’). Mi saluta calorosamente e mi chiede un contributo economico perche’gli servono circa 500 euro. Ne ha bisogno per pagare il padre della sua amata futura sposa. -Aiutami! Ho gia’ comprato le vacche, le capre, la coca-cola e la fanta, ma niente soldi, niente acquisto della sposa!-  
Sabato
Assieme a due insegnanti vado a pranzare al campus dell’universita’ di Arusha. Riso, fagioli, spinaci e patate. Seduta vicino a noi, una studentessa ci racconta che qualche mese fa un vasto gruppo persone avevano occupato la strada che porta all’Arusha National Park e anche quella per Moshi, bloccando completamente il traffico. Erano studenti che protestavano contro il regolamento universitario e il governo in carica. Per liberare le strade, i poliziotti hanno utilizzato i lacrimogeni e temporaneamente arrestato qualche dimostrante.
Durante la scorsa campagna elettorale la  stragrande maggioranza degli studenti Tanzaniani si era schierata con il Chadema, il principale partito  dell’opposizione guidata da Wilbour Slaa, leader carismatico che tra le altre cose aveva proposto un nuovo sistema scolastico.
Domenica
Cammino sulla strada, da solo.
Incontro un uomo con un bambino. Il bambino trasporta sulla testa delle starpaglie, si aiuta con il braccio destro. Con il sinistro regge una grande canna da zucchero. L’uomo dice qualcosa. Allora il bambino posa a terra le sterpaglie, rompe un pezzo della canna e me la regala. Ringrazio e me ne vado.


venerdì

Pomeriggio a Usa River








Tornavo a casa dopo un intero pomeriggio passato nella township chiamata Usa River, a circa 20 km da Arusha. Avevo tentato di leggere la mia posta e dare un’occhiata a qualche giornale, ma niente da fare: in Tanzania l’utilizzo del web sembrava ancora un sogno, anche se gli internet cafè erano abbastanza numerosi.
-Funziona bene oggi la rete?
-Certo, come sempre- rispondeva il commesso sorridendo e mostrandomi il pezzo di carta attaccato al muro dove era indicato il prezzo: 1000tzsh per 30 minuti, 1500 per un’ora. In realtà si trattava spesso di una truffa; o meglio di una quasi totale perdita di tempo, visto che la  connessione andava e veniva e l’unico vero risultato che si otteneva era quello di spazientirsi e avere voglia di prendere a pugni quei polverosi computer di terza mano. Ma ormai ci ero abituato e non mi arrabbiavo affatto. Anzi, quasi mi divertivo ad osservare la scena quando un qualsiasi mzungu (come me) entrava fiducioso all’Usa Plaza e dopo mezz’ora di tentativi se ne andava bestemmiando, accontentandosi di aver dato una sbirciatina a facebook. Ma allo stesso tempo cercavo di capire quel tipo di frustrazione: sembrava che per l’occidentale in Africa, internet fosse l’antidodo alla noia. In ogni situazione c’erano attese interminabili,  lunghe pause e afa. Quindi, tutto quel tempo libero andava per forza occupato, no way. I turisti di Arusha ad esempio, aspettando di andare a vedere gli animali, trascorrevano le giornate tra lo shoprite e gli inoperosi internet cafè.  

Ero già arrivato alla fermata dell’autobus quando squillò il telefono. Era William, il computer teacher. Mi chiedeva di accompagnarlo fino a Maji Ya Chai perchè doveva sistemare il portatile di un cliente. Non avevo molta voglia di andarci, ma in quel pomeriggio così inconludente quella proposta mi sembrava un’occasione di riscatto. Così l’aspettai e poi andammo assieme.
Maji Ya Chai significa letteralmente acqua del the, questo per via del colore del fiume che attraversa la zona. Quel luogo era un agglomerato di case malandate e baracche dal quale usciva un forte odore di alcol.
La scena davanti a me era questa: 1-Uomini con gli occhi iniettati di sangue, camminavano a zig-zag e mi salutavano mescolando inglese e swahili. 2-Donne sedute a terra che cercavano di vendere la frutta del giorno rimasta nel cesto. 3-Bambini incuranti di quello che accadeva intorno a loro, giocavano con una palla di stracci, ridevano, gridavano, saltavano e si azzuffavano. Erano felici, e guardarli era uno spettacolo.

Rimasi stupito, quando arrivammo a destinazione. Eravamo di fronte ad una bella casa con giardino, una costruzione che stonava abbastanza con l’ambiente circostante. Il cliente di Williams era la direttrice della scuola di Ngongongare, una secondary school che si trova nell’omonimo villaggio, poco distante dal cratere di Ngurudoto. Mangiando la frutta che mi era stata offerta (tikiti=anguria), chiesi alla signora quanti studenti ci fossero nella sua scuola.
-Sono più di 500-
-Però, molti!-
-Oh no, 1000-2000 sono molti! In Tanzania gli studenti non mancano, il problema sono gli insegnanti, quelli non sono mai abbastanza. Ne abbiamo bisogno, ma non è sempre facile trovare persone preparate. E questo problema si riflette sugli studenti. L’anno scorso per esempio, ho cacciato quattro ragazzi, non sapevano neanche leggere e scrivere...colpa dei loro vecchi insegnanti! Che cosa gli hanno insegnato negli anni precedenti?!
Capivo quella situazione. A Imbaseni avevo conosciuto studenti che dopo un anno di corso non sapevano utilizzare correttamente il mouse; durante tutte le lezioni avevano usato il computer solamente per guardare video e dvd di telenovele insulse, approfittando del menefreghismo del loro insegnante.    
Mentre William procedeva alla riparazione del portatile, la Tv mostrava la consegna dei diplomi in una scuola. Si vedeva un gruppo di giovani studenti che, con l’intento di animare la manifestazione, eseguivano esercizi ginnici di una certa difficoltà: salti mortali, capriole e strane composizioni circensi che attiravano l’attenzione del pubblico. Un uomo con occhiali da sole e microfono incitava gli acrobati: -Guardate, ce la fanno, ce la fanno! Si, possono anche questo!- Poi era il turno dell’ospite più importante, cioè un direttore di banca di Arusha che prometteva finanziamenti e sponsorizzazioni. La gente allora applaudiva, gridava e ringraziava di cuore il benefattore.

Dopo circa un’ora, il computer era stato riparato ed io e William eravamo già sulla via del ritorno. Avevamo preso la stradina che passava in mezzo ai campi, per evitare il polverone della via principale. Camminare in quella natura era piacevole, il mt.Meru dominava dall’alto e si sentiva il profumo dell’erba appena tagliata. Eravamo nel mezzo di piccole piantagioni di caffè, banani e canne da zucchero, gli ultimi raggi di sole filtravano tra la fitta vegetazione... E poi, improvvisamente un muro.
Tre metri di cemento circondavano una residenza del quale non si poteva vedere ne la forma, ne chi ci abitasse. Una rigogliosa boungaville faceva sembrare quel muro più amichevole, ma quando si arrivava al cancello principale non c’erano dubbi. Il cartello diceva response armed e poi hatari mbua mkali (pericolo cane feroce).
Il mio pensiero andò subito al Sudafrica che avevo visitato in passato. Quei cartelli infatti, erano molto comuni nei quartieri periferici di città come Johannesburg e Cape Town.
William allora mi raccontò:
-A metà degli anni novanta un olandese comprò un pezzo di terra e ci costruì la sua casa. Poi mise qualche annuncio nei maggiori giornali sudafricani. Invitava i suoi connazionali desiderosi di vivere in Africa a raggiungerlo e condividere quella splendida terra. Oggi dietro queste mura vivono circa 30 persone, una piccola comunità. Ho sentito dire che alcuni di loro lavorano con i turisti, organizzano spedizioni di caccia nei parchi naturali- La storia di quell’olandese era molto comune da quelle parti. Dopo la fine dell’apartheid in Sudafrica molti bianchi, spaventati da una possibile ritorsione violenta (successivamente avvenuta, migliaia di agricoltori ammazzati) avevano preferito andarsene, cercando un altro paese dove poter continuare il proprio stile di vita. Sarebbe stato troppo difficile dover andare nella poco amata Europa... Quindi, per alcuni la scelta era stata la Tanzania, terra di persone ospitali e animali di grossa taglia.
-Certo, vivono un po’ per conto loro, ma non hanno problemi con nessuno. Hanno anche sponsorizzato la costruzione di una scuola. I loro dipendenti dicono che sono tranquilli e che pagano regolarmente gli stipendi, quindi è tutto ok...
Molte volte avevo incrociato sulla strada quelle persone. Passavano con le loro Jeep verde militare, mai un saluto, mai un passaggio. A volte uno sguardo frettoloso, a volte nemmeno quello. Tuttavia, non conoscendoli di persona, non potevo esprimere su di loro un giudizio negativo; ma quei personaggi mi sembravano i residui del grande trek iniziato in Sudafrica quasi due secoli fa. Verso la metà del 1800, i Boeri, pionieri di origine olandese, francese e tedesca, iniziarono una migrazione che durò circa un ventennio. Un viaggio verso la terra promessa che per alcuni terminò nel nord-est dell'odierno Sudafrica, per altri in Mozambico e in Zimbawe. I Boeri se ne andavano dalla colonia di Citta' del Capo  perchè non poteva accettare che l’amministratore inglese avesse abolito la schiavitù e imposto le proprie regole...Ecco che dopo la fine dell’apartheid il fenomeno si era ripetuto, anche se con motivazioni diverse. E forse ancora oggi, per qualcuno il grande trek doveva ancora terminare. 
Quella residenza blindata di Maji Ya Chai non era l’unico esempio che avevo visto. Ad Arusha, poco distante dall’aeroporto c’era il Freedkin Recreation Centre, qualche ettaro di recinzioni che proteggevano un maneggio di splendidi cavalli, negozi, piccole attività commerciali, alberghi con piscina, una birreria in stile irlandese e un campo da rugby. Quella volta al Freedkin ci ero arrivato per caso, avevo preso un taxi per andare in un altro posto... ma alla fine mi ero trovato davanti alla birreria. Così, non avevo esitato ad entrare e bere una tusker gelata. Ma ricordo che dopo la birra, non vedevo l’ora di andarmene. Quel posto era troppo lontano dall’Africa che preferivo.    
-Un giorno vorrei anch’io poter comprare un pezzo di terra come questo-disse Williams mentre ci lasciavamo alle spalle quelle mura imponenti.
-Per costruirci una casa?-
-Certo, e poi farei come l’olandese, chiederei a persone come te di venire ad abitarci. Così potrei avere dei buoni vicini di casa, potrei fidarmi di loro e collaborare per iniziare qualche affare.
-Che genere di affare?-
-I polli! Si, i polli sono un buon business! Vorrei comprarne cinquanta, cento, e poi altri cento, duecento,trecento, quattrocento, cinquecento...

sabato

In Tanzania


Il giorno precedente avevo lottato con una strana fiacchezza e un po`di mal di testa. Una doccia calda mi aveva aiutato a passare bene la serata, ma quei sintomi erano sufficienti a farmi pensare al piu` comune dei mali del viaggiatore in Africa, la malaria.

Per evitare di convivere con quella paranoia che mi rendeva quasi ipocondriaco, c`era un`unica e semplice soluzione: fare il test.
Erano le 9 del mattino e il sole non si era ancora visto, la nuvole grigie che coprivano completamente il cielo facevano pensare ad uno scroscio imminente. I washamba, gli agricoltori, guardavano con apprensione il monte Meru e cercavano di capire se la pioggia tanto desiderata sarebbe arrivata oppure no. Molti di loro erano preoccupati, le piantagioni di mais si stavano seccando e, visto che non c`era nessun sistema di irrigazione alternativo alla pioggia, ora potevano solamente aspettare e sperare. Anch`io speravo che piovesse. Non solo perche` la polvere delle strade era insopportabile e l`acqua della tanica che riforniva la mia casa era quasi finita; pur non coltivando la terra, simpatizzavo con quelle persone che avrebbero sfamato le proprie famiglie con la farina prodotta dalle pannocchie.
Indossai il k-way e mi misi in strada. Anche se non ero in gran forma, non mi dispiaceva camminare e sgranchirmi le ossa che nelle ultime ore mi sembrava fossero diventate di marmo. Alla fermata di Kwa Lois salii sull`autobus e comunicai al cencioso bigliettaio la mia destinazione: Leganga.
Leganga e` la porzione finale di Usa River, sulla strada che porta ad Arusha. Sapevo che li vicino c`erano due ambulatori e che avrei potuto fare il test. La prima delle due cliniche che visitai era chiusa ed esponeva un cartello che pubblicizzava il partito  politico dell`opposizione; cosi` mi avviai verso la seconda, la Zahanati Marie Stopies.
-Buogiorno vorrei fare il test della malaria- dissi cercando di svegliare la grassoccia impiegata che si era appisolata sulla scrivania e non si era accorta che ero gia` entrato. Mentre quella si svegliava, arrivo`anche il dottore –Buongiorno! Benvenuto in Tanzania!- disse calorosamente. Notai che indossava un camice bianco sopra ad una camicia rossa con delle giraffine gialle e verdi stampate sul davanti.
-Vorrei poterti aiutare, ma hanno appena staccato la corrente e la nostra strumentazione non funziona senza elettricita`. Torna domani! Oppure...se ci compri un paio di litri di benzina possiamo usare il generatore- Stavo ancora fissando le giraffine disegnate su quella bizzarra camicia quando realizzai quello che il dottore mi stava proponendo. Per un attimo pensai di trovarmi sul set di un film comico, ma purtroppo quella era la dura realta` della Tanzania. Era risaputo che, se non diagnosticata in tempo, la malaria era una malattia che poteva portare alla morte. I numeri del paese parlavano chiaro, nonostante le campagne d`informazione sulla prevenzione e gli sforzi dei vari governi, in Africa la malaria era un killer pericoloso quanto l`AIDS. Quella clinica dall`aspetto pulito e moderno si rivelava completamente inutile e, come se non bastasse, il medico cercava di scroccarmi la benzina per il generatore... Ma non stavo cosi male, non ero cosi disperato da cedere a quella che per me era una richiesta quasi offensiva, preferivo prendere un altro autobus e andare fino ad Arusha.
Frugai nelle tasche del K-way e mi assicurai di avere abbastanza denaro, poi di nuovo in strada. Quella era la Tanzania, un bellissimo paese allo sbando. E, se quello era il servizio sanitario offerto, non c`era da stupirsi se le persone preferissero rivolgersi ai guaritori tradizionali che utilizzavano strani infusi ricavati da corteccie, erbe selvatiche e talvolta parti del corpo umano. Come quel prete-stregone di Loliondo. La sua popolarita` era ormai alle stelle, addirittura c`era chi ipotizzava di farlo entrare nel partito dell`opposizione e di eleggerlo primo ministro.
Dopo mezz`ora ero arrivato in citta`, presi un`altro daladala ed entrai all`AICC, un ospedale pubblico che avevo utilizzato anche in passato. L`entrata era appena stata imbiancata e migliorata nell`aspetto. Vidi alcuni operai che rimuovevano le scale e i secchi di vernice, una guardia controllava che nessun ladro cercasse di rubare quella preziosa attrezzatura. Dopo aver preso il mio bel numerino, andai a sedermi su una panchina di fronte all`entrata dell`ambulatorio. Per fortuna non c`era molta gente, cosi` entrai quasi subito. Nel giro di pochi minuti ero gia` seduto nel laboratorio di analisi del sangue e parlavo con un giovane medico con la siringa in mano. Provavo a convincerlo a non farmi quel prelievo, gli dicevo che forse non era necessario visto che per il test bastava una goccia di sangue presa dalla punta di un dito... Ma quello non volle saperne- Ehi, tu fai controllo totale! - Cosi` accettai, girai la faccia dall`altra parte e mi feci punturare dal medico. Poi uscii dalla stanza e andai a sedermi nel cortile, dove adesso c`era il sole e il cielo si era completamente aperto. Era quasi mezzogiorno, cosi`in attesa di sapere il risultato del test andai a mangiare alla canteen interna all`ospedale. Mentre ordinavo, un signore ben vestito sedette al mio tavolo, leggeva il giornale e muoveva la testa in segno di disapprovazione. Poi, come se il suo livello di sopportazione si fosse esaurito, comincio` a inveire contro il governo Tanzaniano –Che vergogna!-mi porse il giornale in modo che potessi vedere che cosa lo faceva arrabbiare cosi` tanto. In prima pagina c`erano le foto di alcuni parlamenti: Italia, Ucraina, Turchia, Giappone, Taiwan, India, Messico e Russia. Si vedevano alcuni politici che si azzuffavano, facevano rissa. La foto piu` ridicola era quella del parlamento Messicano, dove un politico strattonava un altro tirandolo...per i baffi! Il giornale titolava I loro parlamentari combattono anche fisicamente per sostenere un`idea. E i nostri invece?Appena piu` sotto, le ultime foto mostravano il parlamento Tanzaniano. Politici rilassati e addormentati nella sedia. L`aspetto piu` grave era che le immagini si riferivano ad una seduta parlamentare abbastanza importante, cioe`la discussione della crisi alimentare. Mr.Massawe, il mio interlocutore, era un fiume in piena –In tutto il mondo si parla della siccita`dell`Est Africa. I governi stranieri stanno gia` mandando aiuti alimentari. Ma gli unici che non se ne interessano sono i leaders Africani. Guarda qui...Dormono! Oppure fanno proposte dementi. Il governo Tanzaniano ad esempio ha deciso di proibire agli agricoltori di esportare i loro prodotti, finche`la crisi non sara` passata, ma cosi`i prezzi andranno giu` e i  produttori saranno scoraggiati a produrre in maggiore quantita`. E poi, noi facciamo parte dell`Unione dell`Est Africa. Il nord del Kenya e` messo male, perche` non dovremmo aiutarli esportando il cibo che produciamo? L`economia ne risentira`- Sembrava scontato che la carestia fosse un problema che dovevano risolvere i cosidetti “paesi ricchi” e che gli africani non partecipassero minimamente alla cura dei propri mali. Pochi giorni prima, avevo letto sul quotidiano Sudafricano The Times una storia interessante: l`associazione inglese OXFAM aveva proposto una raccolta fondi, utilizzando lo slogan African solutions to African problems. La risposta era stata completamente inadeguata, tanto che il responsabile del progetto dell`OXFAM, Irungu Houghton, se ne era lamentato; aveva chiesto che come minimo si raggiungesse la cifra di 50 milioni di dollari tra tutte le nazioni del continente nero, ma solamente Sudafrica, Namibia, kenya e Sudan avevano aperto il portafoglio e messo qualcosa nella raccolta anti carestia. Allora, per non lasciare troppo vuota la saccoccia erano intervenuti: USA con 580 milioni di dollari e UK con 205 milioni di dollari, nella classifica seguivano Australia e…il Giappone! Nazione che, visto il devastante terremoto, avrebbe potuto passare la mano. Anche l`Arabia Saudita si distingueva con 60 milioni di dollari, la donazione piu` generosa proveniente da un paese musulmano.
Ma mentre pensavo a quei numeri e agli affamati nel mondo arrivo` il cameriere e servi` il mio pranzo: un piatto colmo di riso e pesce fritto e verdura e papaia. Cosi potevo dedicarmi con attenzione alla mia fame e alla mia salute. Godevo dello splendido cibo nel mio piatto e della conversazione con Mr.Massawe. Quello intanto continuava a parlare e ad agitare verso il cielo il suo giornale- In Tanzania gli agricoltori sono il 95% della popolazione, hanno bisogno di vendere i loro prodotti. Se il governo prolunghera`il divieto di esportazione ci sara`un problema!- Mr.Massawe aveva gia`iniziato a mangiare e a calmarsi un po`quando improvvisamente mi porse ancora il suo quotidiano invitandomi a leggere un altro titolo che diceva –Il governo vuole vietare le manifestazioni di protesta durante gli orari di lavoro. Sei d`accordo?- Trovavo quella proposta folle, ma il fatto che quel giornale (il citizen) proponesse un sondaggio in proposito faceva ben sperare. Forse quella proposta non sarebbe mai passata, pensavo. –Benvenuto in Tanzania! Ah beato te che sei Italiano!-disse Massawe- Roma, pizza, il Papa, Ferrari, Milan, Juventus, Materazzi...-Sorrisi e non dissi nulla, pensando che la maggior parte delle cose che Massawe aveva elencato...non m`interessavano. Poi, dopo aver finito il pesce e pensato per un attimo all`esotica Italia, mi diressi verso il laboratorio analisi dove un`infermiera molto carina mi comunico`che non avevo nulla e che voleva che le insegnassi la lingua italiana. Cosi`, sollevato dal pensiero della malaria, presi il suo numero di telefono e mi avviai verso l`uscita. Un paio di tassisti si avvicinarono offrendomi un passaggio ad un prezzo completamente irragionevole, ma non li guardai nemmeno. Stavo bene, avevo voglia di camminare e, cosa piu`importante, non ero malato.
Prima di uscire mi fermai un attimo a guardare uno strano uccello che si era posato sul recinto dell`ospedale.
Ero attratto da quella combinazione di colori cosi`brillanti: azzurro, verde, arancione e viola.

mercoledì

Storia di Yuri (поехали!)




Avevo comprato un modem.

Cioe’ qualche tempo prima ne avevo parlato con William, il computer teacher, e ci eravamo accordati per condividerne spesa e utilizzo.
Ero contento dell’acquisto, pensando che, elettricita’ permettendo, avrei finalmente potuto usare la rete in qualsiasi momento; ma allo stesso tempo un po’ mi dispiaceva perche’ avere il modem significava non frequentare piu’ gli internet cafe’, luoghi pittoreschi dove avevo incontrato molte persone.
Cosi’  adesso eravamo collegati al mondo. Certo, il villaggio di Imbaseni non puo’essere definito un posto fuori dal mondo, si trova soltanto a 30 km da Arusha, una delle citta’ piu’ turistiche di tutta l’Africa; pero’il nostro modem era senza dubbio il primo di tutta quella zona. Per questo, il nostro acquisto ci sembrava un’impresa storica. Nei giorni seguenti avevamo scherzato sull’argomento dicendo che il nostro prezioso oggetto rappresentava un piccolo passo per noi e un grande passo per l’umanita’ e altre stronzate del genere...
In accordo con William, il modem sarebbe stato utilizzato esclusivamente sotto il nostro controllo, tuttavia volevamo introdurre gli studenti all’utilizzo di internet, cosi’ tutti i giorni portavamo in classe la chiavetta vodaphone bomba e leggevamo Arusha Times, BBC, Al Jazeera, Cristiano Ronaldo e Shakira Shakira.

Ad ogni modo, non avevo previsto le esilaranti conseguenze dell’utilizzo di internet, quell’uchawi ya wazungu  cioe’ diavoleria dei bianchi (in senso buono), come veniva definita dai locali.

Un giorno, entrai in classe con il modem e mi collegai al sito di un giornale italiano. Una delle notizie era l’anniversario del primo viaggio nello spazio compiuto da un essere umano. Era infatti il 12 aprile, e la foto di Yuri Gagarin compariva da tutte le parti. “Il figlio della terra” veniva celebrato come un eroe e un viaggiatore che davvero si era diretto verso l’ignoto. La sua impresa era stata considerata una conquista per il mondo intero e anche un  momento di competizione tra USA e URSS, i protagonisti della guerra fredda.
Gli studenti, incuriositi dalle foto di quell’uomo particolarmente bianco, col casco e la tuta arancione, mi chiesero di chi si trattasse. Cosi’ spiegai loro che quello era Yuri Gagarin; leggemmo la sua storia su wikipedia e altri siti che parlavano della storica impresa.
Non mi ero stupito del fatto che nessuno degli studenti presenti sapesse chi fosse Yuri Gagarin, in Tanzania il livello di scolarizzazione era quello che era, e poi ero sicuro che anche in Europa  molti dei loro coetanei non avessero idea di chi fosse “Il figlio della terra”.
Ma il bello doveva ancora arrivare.
Qualche giorno dopo, mentre stavo rientrando ad Imbaseni, dopo una tranquilla passeggiata fino al villaggio di Ngurudoto, incontrai il padre di Eriki, il miglior studente della computer class. Dopo i saluti iniziali, come sempre interminabili, mi aveva chiesto del funzionamento di Internet. Ne aveva sentito parlare dal figlio ed era curioso di saperne di piu’.
Poi arrivo’ alla domanda cruciale:
-E...come sta Yuri?
-Ma...Yuri Chi? -risposi pensando che non conoscevo nessuno con quel nome.
-Eh...Yuri Yuri...Yuri Gagarin! Mio figlio mi ha detto che c’e’ un russo che sta facendo il primo viaggio nello spazio. Come sta andando? E quando torna? Che diavolerie che sapete fare voi wazungu!
Provai a trattenermi dal ridere anche se sapevo che si trattava di un’impresa impossibile. Sentii uno strano formicolio sulle braccia e per un attimo ebbi come un’allucinazione, vidi che al mio fianco... c’era Yuri Gagarin con la tuta arancione e il casco che cantava a squarciagola l’inno russo!?
Allora, riprendendomi da quel momento di strana estasi, trovai la forza di rispondere alla domanda e dissi - Si si, Yuri e’ tornato...-
Poi andai a sdraiarmi sotto un albero e per quasi mezz’ora mi ritrovai a ridacchiare come un cretino. Ma non per sfottere quel pover’uomo, ci mancherebbe. La sua domanda era in buona fede...solo che  mai mi sarei aspettato che qualcuno mi chiedesse –Come sta Yuri, Yuri Gagarin?-

Avevo sempre rifiutato quei luoghi comuni che sommariamente descrivono l’Africa come un continente irrecuperabile, incapace di utilizzare le proprie risorse e perennemente in guerra civile... Ma la domanda su Yuri Gagarin mi sembrava pazzesca. Avevo comprato il modem per essere in contatto con il mondo, e adesso mi rendevo conto che la realta’ di quei luoghi era l’esatto contrario. Provavo a riflettere sul fatto che nel villaggio di Imbaseni c’era  gente che stava guardando il cielo aspettando che Yuri Gagarin tornasse dal primo viaggio nello spazio!?!  Per forza che mi erano venute le allucinazioni...

La sera stessa, tornai nella computer class con il modem perche’ volevo ascoltare la replica de La Zanzara, il programma trasmesso da radio 24. Dopo circa 20 minuti, mentre il conduttore della trasmissione stava gia’ litigando (come al solito) con un ascoltatore, entro’ Eriki e si mise a lavorare al compurter vicino al mio.  Era sua consuetudine studiare nelle ore serali, quando tornava l’elettricita’. Quello studente poco piu’ che ventenne, dimostrava impegno e una dedizione allo studio che gli faceva guadagnare l’ammirazione di tutti gli insegnanti, e anche la mia.
-Ehi bwana Alessandro, come stai oggi?-
-Bene grazie, sai che oggi ho incontrato tuo padre...
-Si si, me l’ha detto. Ma ti volevo chiedere una cosa. Quel Yuri... quando torna?
http://www.youtube.com/watch?v=JruTJ3dp5Bs&feature=related