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martedì

Queste parole














Bongo Significa abitante della Tanzania. Bongoland, la terra dei Bongo. I tanzaniani fra loro si chiamano spesso wabongo, basta leggere i giornali oppure ascoltare la radio. Letteralmente la parola bongo significa cervello. La gente dice che se vuoi vivere, o meglio sopravvivere in Tanzania, devi sapere usare il cervello, altrimenti e non ce la fai e crepi.

Wachawi Ci sono varie definizioni in proposito e diverse sfumature. I wachawi sono streghe/stergoni che utilizzano l’uchawi, cioe’la magia diabolica. Persone che apparentemente svolgono una vita normale, ma di notte entrano in azione. Girano tra le case e sussurrano i nomi delle persone, le chiamano invitandole a seguirle nella loro tenda, lungo la stada che conduce agli inferi. Possono assumere le sembianze di un rapace e percorrere in un attimo centinaia di kilometri. I loro poteri sono richiesti quando si ha necessita’ di colpire il nemico, fargli del male, mandarlo in rovina, ucciderlo. Oppure quando ci si deve difendere da un incantesimo procurato dal proprio rivale.
Persone di qualsiasi estrazione sociale si rivolgono ai wachawi, l’uomo del villaggio e anche quello del parlamento.
Recentemente ho acqistato un libretto che racconta la biografia di Nyerere. Si tratta di un’edizione illustrata  per gli studenti delle secondary school. Nella storia, ad un certo punto, il giovane presidente nella Tanzania indipendente si rivolge cosi’ ai cittadini: Tanzaniani! Ricordatevi che noi abbiamo qualcosa in piu’ degli altri. Abbiamo la stregoneria. Ah, se solo collaborassimo per utilizzarne l’immenso potere!
I wachawi infine, sono responsabili del genocidio degli albinos, africani completamente bianchi a causa di un problema di pigmentazione. Gli albinos sono detti anche sope, cioe’ senza pelle.

Kumekucha Espressione usata per rispondere a qualsiasi saluto del mattino. Significa il sole e’ sorto, ci siamo ancora!

Ujinga  Ignoranza
Mjinga  Ignorante, stupido.

Mwarabu Arabo. Quando vado alla fermata dell’autobus di Kwa Lois, per la strada incontro sempre un tale. E’ un giovane agricoltore con i vestiti stracciati. E’ sempre strafumato. La gente dice che e’ un fuori di testa perche’ ha iniziato a fumare le canne un po’ prestino, cioe’ alle elementari. Quando mi vede mi chiama sempre a gran voce: mwarabuuu, dammi un soldo, uno soltanto! Pensa che io sia arabo perche’la prima volta che ci siamo incontrati, scherzando gli ho detto salam alekum.
Harabu Violento, distruttivo. Mi e’ stato spiegato che, le parole mwarabu e harabu, pur avento una sonorita’ quasi identica, non hanno una base comune. Sinceramente, mi aspettavo il contrario perche’nella zona dove abito, il tanzaniano del villaggio ha paura dell’arabo; ne ricorda la crudelta’ e ne teme il dominio. Lo considera un appartenente ad un altro mondo, anche se la cultura swahili e’ impregnata di tradizioni e parole arabe.
Oggi, nella societa’ tanzaniana africani e arabi sono integrati e convivono pacificamente, ma nello stile di vita alcune differenze sono evidenti. La loro storia e’ diversa. L’africano era la preda, lo schiavo costretto a fuggire. L’arabo invece era il predatore senza scrupoli che aveva fatto del commercio degli schiavi il proprio dogma. Al museo nazionale di Dar Es Salaam, ricordo di aver visto la foto del presidente Nyerere e anche quella di Tippu Tip, il piu’grande e terribile mercante di schiavi dell’est Africa di tutti i tempi. Due immagini opposte. Il primo ha la testa piccola e i baffetti, in posa come un fotomodello. Il secondo invece sembra molto sicuro di se, assomiglia molto ai negozianti che ho visto a Zanzibar: uomini barbuti vestiti di bianco, seduti su delle piccole sedie, bevono il caffe’, ascoltano cd di sermoni e vendono magliette con la faccia di Bin Laden.

Kabila   Tribu’ di apparteneza. Quando si arriva in un albergo e si compila il registro, dopo il numero del passaporto, il nome e la nazione di provenienza, bisogna indicare la kabila. In Tanzania, il primo albergo dove ho alloggiato e’ stato al YWCA, Dar es Salaam. Era una sera del novembre 2006, e tornavo dal mio primo viaggio in Sudafrica. Il mio volo, Johannesburg- Dar era arrivato in ritardo e all’aeroporto avevo avuto un problema con quelli dell’immigrazione. Mi avevano detto che per darmi un altro visto di 3 mesi volevano prima vedere il mio biglietto di rientro per l’Italia. Allora tirai fuori dallo zaino la fotocopia del biglietto(l’originale era a Imbaseni) che volevano controllare e la porsi allo sportello. Il soldato-impiegato rifiuto’ il mio pezzo di carta dicendo che solo l’originale aveva valore. Sapevo che quella era una scusa, il soldato-impiegato cercava solo di intimidirmi perche’ voleva che gli offrissi un extra in cambio di una sua ipotetica generosa concessione. Io pero’ non avevo intenzione di aprire il portafoglio piu’ del dovuto, tirai fuori i dollari necessari per il visto di tre mesi e non uno piu’. Il soldato-impiegato allora provo’ ancora a dire “non ti accettiamo nel paese senza prima vedere il biglietto”. Poi arrivo’un suo collega, desideroso di andare in pausa senza grane da risolvere. Decreto’ la soluzione. Mi concedevano l’ingresso nel paese con un visto di appena 15 giorni, cosi’avrei avuto la possibilita’ di recarmi all’ufficio immigrazione di Arusha e di mostrare il biglietto originale alle autorita’, poi mi avrebbero dato un’estensione del visto gratuita. Quella per me era una grande scocciatura, ma non avevo scelta. In compenso ero extra-contento di vedere l’enorme delusione negli occhi del soldato-impiegato che aveva provato a scroccarmi una bustarella. Mi fecero una foto (non so perche’) e mi incollarono il visto sul passaporto. Arrivai al YWCA verso le 22. Ero stanco e volevo andare a mangiare, di sicuro non volevo altre discussioni o seccature. Ma alla reception non volevano saperne: mi avrebbero dato la stanza solo se compilavo correttamente il registro, e io sotto la voce Kabila avevo lasciato uno spazio bianco. Il guardiano aveva gia’in mano la chiave della mia stanza, mentre l’osservavo mi accorsi che aveva soltanto due dita, le altre sembravano essere state mozzate, anzi strappate perche’ non si vedeva un taglio netto...-Scrivi scrivi!- diceva quello. Cosi’ alla fine scrissi e andai in camera.
Quella sera e tutte le volte successive che sono stato in un albergo, sotto la voce kabila ho scritto Warecoaro, il nome della mia tribu’.

Kukutana  Incontrarsi.
A Citta’ del Capo ricordo un incontro memorabile.
Quella mattina mi ero recato in un Internet café e  avevo provato a telefonare a casa mia, dall`altra parte pero’ non avevo ricevuto risposta. Cosi` ero uscito e, senza una meta particolare, passeggiavo per Long street, quella che era considerata la strada piu’ bella della città. Dopo pochi passi avevo alzato lo sguardo e mi ero accorto che davanti a me c`erano due persone che mi davano le spalle. Guardai meglio e provai a chiamarli... I due si girarono e mi guardarono strofinandosi gli occhi. Continuammo a ridere e a darci pacche sulle spalle per 10 minuti, non ci sembrava vero.
Diego e Paolo erano due bergamaschi, con loro avevo trascorso circa due settimane in Tanzania, condividendo la stessa casa nel villaggio di Imbaseni. Sapevo che dovevano andare in Sudafrica a prendere il volo per ritornare in Italia, ma mai avrei pensato di ritrovarmeli davanti in quel modo senza esserci messí d`accordo prima. Avevano attraversato lo Zambia e la Namibia e adesso trascorrevano qualche giorno a Cape Town, prima di andare a Kimberly e poi a Johannesburg, ultima tappa del loro viaggio durato circa quattro mesi.
Forse quell`incontro non era poi cosi` incredibile, nel senso che quella era la strada principale della città, il posto dove prima o dopo tutti andavano a finire, ma eravamo contenti e ci sembrava bello festeggiare quel momento come una cosa particolare, un evento che  rallegrava la nostra giornata. Quella sera poi, fummo ospiti di una ragazza italiana che viveva a Cape Town col fidanzato. Abitavano in una bella casa a pochi kilometri dal centro. Mangiammo pesce e restammo li fino a tarda notte, a chiaccherare e a sbronzarci con la birra e l’ottimo vino sudafricano.


Kuloga  Incantare, ammaliare. Fare una stergoneria a una persona oppure a una cosa.
In accordo con le credenze locali, sono recentemente stato vittima di una piccola stragoneria. In breve, questa e’ la storia:
Lo strano caso della camicia strappata
Un giorno torno a casa e mi accorgo che la camicia che ho lasciato sulla sedia e’ stata strappata. Uno squarcio lungo tutta la schiena. Per un po’ rimango li, nella stanza quasi buia, guardo e riguardo la camicia, allibito.
Provo a capire cosa e’ successo. Qualcuno e’ entrato in casa e non ha rubato niente (qualcosa da rubare c’era, le scarpe ad esempio sono considerate preziose). Qualcuno e’ entrato in casa con l’unico scopo di strappare la mia camicia. Quindi non ci sono dubbi, si tratta di stregoneria. Mi vien da ridere, ma so che non devo scherzare troppo con queste storie, cosi’ vado dalla direttora a comunicare il fatto. Anche lei conferma la mia idea. Poi mi dice che non ha mai visto una cosa del genere. Cioe’, in teoria nessun africano fa le stregonerie a un europeo! Tuttavia e’ preoccupata perche il significato di quel gesto e’ abbastanza negativo. Cosi’ decreta che per 3 giorni verra’ col prete-direttore a casa mia per dire una speciale preghiera che scacciera’ eventuali presenze maligne. Naturalmente non m’interessa minimamente l’intervento del prete-direttore, ma devo accettare in quanto ospite del luogo. Il giorno successivo pero’, ascoltando gli AC/DC  a tutto volume del computer, trovo l’ispirazione e risolvo l’enigma della camicia strappata. Circa un mese prima, Morfo, Nube e mio fratello Cristian erano passati di li. Cioe’ avevano fatto le ferie in Tanzania. Avevano visitato i parchi, Zanzibar e trascorso qualche giorno a Imbaseni. Prima di andarsene, il mio amico Morfo mi aveva lasciato 2 magliette e una brutta camicia, stile tovaglia della sagra. Non ne avevo bisogno, ma le avevo accettate pensando che le avrei regalate a qualche poveraccio. Nel frattempo le magliette erano rimaste li sulla sedia per 15-20 giorni. Percio’ erano state notate dalla signora che faceva da mangiare per me e gli altri ospiti di Imbaseni. Piu’ volte mi aveva chiesto se i miei amici avessero per caso dimenticato quella merce preziosa...poi, un giorno lei era entrata in casa mia e, non vedendo piu’le magliette al loro posto aveva capito che le avevo regalate a qualcun altro. Cosi’, per gelosia e vendetta, in preda alla rabbia aveva dilaniato la mia preziosa camicia di lino. Quella dunque, era la soluzione dell’enigma. Tuttavia, non avendo le prove, nessuno ha detto nulla, la direttora si e’limitata a sostituire la cuoca e...abracadabra.

Kilimanjaro Nella  hall del Movempick, il piu’ lussuoso albergo di Dae Es Salaam, c’e’ un grande poster in bianco e nero. Si tratta di una vecchia foto del kili, con la cima abbondantemente innevata. Sotto la foto c’e’ la spiegazione del nome: in swahili mlima significa montagna, mentre njia significa strada. Kilimanjaro potrebbe derivare dall’unione di queste due parole. Secondo alcuni pero`, il nome originale della montagna sarebbe kilemakyaro. In tal caso, le due parole sarebbero Kilema (barriera, ostacolo) e kyaro (viaggio), entrambe provenienti dal dialetto della tribu` dei Chagga.

Maji Significa acqua, non solo in Tanzania, ma anche in altre nazioni africane. E’ una parola di origine araba.

Chama cha siasa  Partito politico. E’ una stagione intensa, quella in corso nell’est Africa. In meno di un anno ci sono state le elezioni nazionali in Rwanda, Uganda e Tanazania; e poi il referendun per la nuova costituzione in Kenya.
1-Rwanda: e’ stato riconfermato Kagame, leader Tutsi in carica da dopo il genocidio del 94. Ha vinto con circa il 90% dei voti. Gli osservatori internazionali hanno segnalato irregolarita’ e intimidazioni nei confronti degli oppositori. Successivamente non ci sono stati scontri o proteste rilevanti, a parte la chiusura di un paio di giornali e l’uccisione di alcuni giornalisti.  La situazione sembra tranquilla. All’epoca del genocidio gli scontri erano avvenuti tra Hutu e Tusti, le principali tribu’ della zona. Un’altra tribu’ rwandese, poco conosciuta e meno nominata e’ quella dei Twa, discriminati e odiati da tutti. Sono pigmei e vivono da segregati. Non sono di bell’aspetto come i Tutsi e non sono numerosi come gli hutu. E naturalmente non sono mai stati amici dei belgi.
2-Kenya: c’e stato un importante referendum per la nuova costituzione. E’ stato raggiunto il quorum e il referendum e’ passato: i Kenyani quindi avranno la nuova costituzione. Nei giorni seguenti alle votazioni, i giornali hanno riportato una notizia interessante: nel nord del paese, centinaia di persone sono andate a votare pensando che si trattasse di eleggere il nuovo presidente della nazione. A parte questo particolare, il referendum e’ stato un successo. Non sono stati segnalati importanti episodi di violenza o scontri. Tutto l’est Africa temeva il ripetersi del disastro del 2008, quando in Kenya  c’erano state le elezioni nazionali e decine di persone erano morte negli scontri tra le fazioni.
3-Tanzania: a detta di tutti, questa e’ stata la campagna elettorale piu’importante della regione, perche’ almeno un po’ di confronto c’e’ stato. Il principale partito dell’opposizione, Chama Cha Democrazia (partito della democrazia), e’ arrivato allo storico risultato del 26%, contro il 61% del Chama Cha Mapinduzi (partito della rivoluzione), in carica dagli anni 60, cioe’ dall’indipendenza. Anche se sono stati denunciati brogli e qualche piccolo scontro tra polizia e manifestanti c’e’ stato, il risultato e’ da considerare soddisfacente. C’e’ stata partecipazione, i giornali hanno scritto, sostenuto e criticato. Alcuni politici sono stati innalzati, altri mandati a casa, travolti dagli scandali. Per gli osservatori internazionali le elezioni hanno rappresentato un importante passo verso la reale democrazia.
4-Uganda: Mseveni, leader in carica da quasi 30 anni, e’ stato riconfermato. Cioe’ ha stravinto le elezioni di cui era l’unico reale concorrente. Un dato interessante: mentre Mseveni veniva rieletto, l’Europa bombardava Tripoli e il mondo intero guardava (e sta ancora guardando) con apprensione il Nordafrica in fiamme. Nessuno di noi, appartenenti a questa generazione, dimentichera’ mai le immagini della primavera araba. I maniferstanti del Cairo, i caccia francesi e poi quelli della Nato. Le bombe su Tripoli e gli equilibri del mondo che cambiano, dall’algeria fino ad Israele.
Mentre tutto quasto accadeva, Mseveni veniva riconfermato e perfino benedetto dal vescovo. Il giornale di oggi dice che a Kampala, durante uno scontro con alcuni temerari manifestanti, una giovane donna incinta e’ morta. Le hanno sparato nello stomaco. Il giornalista ha scritto -Morta lei, morto il suo bambino, morta anche la speranza di un cambiamento. Il vento del nord soffia forte, ma qui sotto e’ ancora debole-

Ndege  uccello, volatile, aereo.
Kiwanja cha ndege  aeroporto. Letteralmente significa pezzo di terra per l’aereo.

Chumba stanza.
Uchumba  periodo/promessa di fidanzamento
Mchumba fidanzata.

Wazee  Anziani. In Tanzania questa parola indica il grado piu’ alto nella societa’civile, in qualsiasi estrazione sociale. Che sia il ricco o il povero. L’agricoltore con la schiena spezzata dalla fatica oppure il mercante di stoffe pregiate. Il vecchio e’ il saggio. Colui che parlera’ senza essere interrotto. Quello che decidera’ come risolvere la disputa. Sorprendentemente, questa parola e’anche considerata molto trandy, alla moda. In citta’ vendono delle fantastiche magliette con la scritta Mzee  ehi, sono il vecchio!