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sabato

Ciao a tutti,
sono Cristian, il fratello di Alessandro, e scrivo qui per dirvi che Ale è morto il 18 Ottobre a Recoaro.
Scrivetemi, se volete, mi farebbe piacere che mi raccontaste qualcosa su di lui, su come lo avete conosciuto.
La mia mail è cristian.venuto@yahoo.it
Ciao


martedì

Shengena

  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
L`odore del bosco.
Il suono gracchiante degli alberi mossi dal vento.
Il gorgoglio del ruscello che scende a valle.
Il piacevole camminare nel sentiero era stato improvvisamente interrotto da un boato. Uno sparo, pensavo. Mi fermai e chiesi spiegazioni a Idi, la guida che mi accompagnava. 
-Hanno sparato? Ci sono dei cacciatori?-
-No- rispose Idi, ridacchiando per la mia ingenuita`-Hanno appena abbattuto un altro albero. Penso che oggi ne sentiremo ancora di questi boati. Tutta questa zona e`area protetta, ma talmente ricca di risorse che e` difficile convincere la gente a non venire qui-
Shengena, con i suoi 2463m era la vetta piu` alta dei monti Pare e sede di una foresta protetta. Le ricche risorse al quale Idi faceva riferimento erano oro, bauxite (una roccia sedimentaria che costituisce la principale fonte per la produzione di alluminio), terra per l`edilizia, legname, arbusti per accendere il fuoco ed erba fresca per il bestiame. Per questo la zona era da qualche anno sotto assedio, depredata quotidianamente dagli abitanti dei villaggi circostanti. -Guarda- disse Idi indicandomi un enorme cumulo di sabbia, grande quanto una collina- Quella terra e` buona per costruire, una ditta Keniana viene a prenderla con i camion e la trasporta fino a Mombasa- Mentre osservavo curiosamente l`enorme cumulo davanti a me, alle mie spalle apparve un ragazzo. La puzza emanata dal suo corpo era talmente potente e pestilenziale che per difendere il mio olfatto feci un balzo nel sentiero per poi cadere rovinosamente in un cespuglio pieno di spine. Con fare furtivo, il ragazzo stava scendendo a valle trasportando sulla testa 2 assi di legno della lunghezza di circa 6-7 metri ciascuna. -Per favore, per favore, fatemi passare!- diceva quello, sforzandosi di mantenere l`equilibrio. Idi mi spiego` che la falegnameria abusiva era l`occupazione principale di molti abitanti di Chome, il villaggio sottostante. Come in altre zone della Tanzania, le piante venivano abbattute non solo per far fronte alla crescente domanda dell`industria edilizia, ma anche semplicemente per necessita` domestiche, cioe` accendere il fuoco per cucinare.
-Ma non ci sono i guardiani, qualcuno che sorveglia la zona?-
-Si, certo-
-E che cosa succederebbe se quel ragazzo con le assi sulla testa venisse sorpreso da un guardiaboschi?-
-In teoria dovrebbe essere arrestato, ma di solito i guardiani preferiscono farsi corrompere con un po` di denaro e chiudono un occhio-
Per quanto ne sapevo, la legge Tanzaniana era estremamente dura in materia di tutela dei parchi, ma veniva applicata raramente, un paio di volte l`anno giusto per andare sui giornali e mostrare che il governo sapeva usare il pugno di ferro con chi metteva in pericolo il prezioso patrimonio Africano. Ad esempio, era recente la notizia di 2 bracconieri condannati a 20 anni di galera per aver ucciso una zebra del Serengeti. Una condanna eccessiva fatta per creare un`altra notizia sensazionale.
-Quella e` una pianta medicinale, viene usata per produrre un anti-parassitario buono per il mais...Quest`altra invece e` velenosissima, veniva utilizzata dai nostri antenati per costruire frecce avvelenate- Le spiegazioni di Idi erano interessanti, ma il suo comportamento era inaccettabile visto che gettava per terra la spazzatura senza riguardo. Una ricarica telefonica e una bottiglietta di plastica erano gia` state lanciate e abbandonate per l`eternita`nel cuore di tenebra; tuttavia non mi stupivo perche`quello era il normale comportamento di tutti i Tanzaniani, istruiti o meno, che avevo conosciuto.
Il sentiero ora saliva ripido, e anche se la giornata era soleggiata, dentro al bosco la temperatura era molto piu` fresca. Giungemmo in una radura pianeggiante dove c`erano delle pozzanghere di acqua marrone e alcuni alberi abbattuti. -Oro!- disse Idi strabuzzando gli occhi.
-Possibile che qui` non ci sia nessuno?-
-Certo, e` perche` i minatori vengono qui` di notte e scendono dalla montagna alle prime luci del giorno-
-E l`oro, dove lo portano?-
-Chome, Same, Moshi e Arusha-
Quello davanti a me era il primo anello di una lunga catena di produzione. Immaginavo la scena: le pepite venivano raschiate dal fondale delle pozzanghere da africani seminudi e deliranti, armati di secchi, badili, tubi di plastica stile snorkelling. L`oro sarebbe poi arrivato in qualche modo all`aeroporto di Arusha oppure nei sempre piu` numerosi negozi di lusso Tanzaniani.
Dopo tre ore di cammino arrivammo in vetta, dove era stata edificata una torretta con la funzione di rifugio-osservatorio. Ancora in fase di realizzazione, la struttura mi sembrava poco sicura e precaria, tuttavia non rinunciai al piacere di salire e osservare il panorama. Verso sud, in direzione di Dar Es Salaam, potevo vedere la catena dei monti Usambara, a nord-ovest invece si scorgeva la cittadina di Same, dove ero passato il giorno precedente. In Tanzania ero salito su diverse montagne: Hanang, Kilimanjaro, Kindoroko, Longido...ma il Shengena, che pur veniva indicato nel classico circuito turistico settentrionale, manteneva l`aspetto e l`atmosfera di ultimo avamposto, lontano dal mondo e in mezzo alla foresta. Un altro splendido luogo dove era valsa la pena di arrivare. 
Sulla via del ritorno, prendemmo una strada diversa che fiancheggiava un ruscello, cioe` la preziosa sorgente d`acqua che riforniva abbondantemente i villaggi circostanti. Giunti a Chome, incontrammo nuovamente il ragazzo che avevamo visto trasportare sulla testa le assi di legno. Se ne stava li, in mezzo alla strada a petto nudo e senza scarpe. Spontaneamente, cioe` senza che gli chiedessimo nulla ci aggiorno` sull`evento del giorno: un cercatore d`oro era stato pescato da un guardiaboschi e condotto a Same dove sarebbe stato in prigione per 5 anni. In alternativa avrebbe dovuto pagare una cauzione di 3000$ americani. Dopo quel gossip degno di nota ci recammo alla guest-house dove alloggiavo; che non era una guest-house ma l`abitazione privata di un giovane religioso con cui avevo pattuito il prezzo di vitto e alloggio. Richard, il mio oste viveva con la moglie, due figli e tre ragazze adolescenti provenienti da uno zio. Richard si occupava di agricoltura e allevamento, oltre che collaborare con la chiesa protestante nell`interminabile opera di evangelizzazione. Possedeva 3 vacche, qualche pollo e un buon orto, con dei banani che davano alla sua casa un aspetto decisamente piacevole ed esotico. Osservando il tutto mi chiedevo se in Italia sarebbe ancora stato possibile vivere (e campare) in quel modo, un po` come i nostri nonni, in mezzo alle cose di cui abbiamo veramente bisogno. Richard possedeva anche una motocicletta cinese, e arrotondava lo stipendio dando qualche passaggio a pagamento. 
Il villaggio di Chome mi pareva davvero un buon posto dove vivere, anche se dipendeva in parte da Same, cittadina piu` a valle dove altre merci venivano reperite: pane, sapone, acqua in bottiglia, biscotti e in generale  la merce venduta dei negozi.
Per completare l`escursione, dopo il pranzo, Idi mi accompagno`in un altro luogo caratteristico di Chome: Kwanamoche, cioe`un`enorme roccia sporgente su un dirupo. Da quel precipizio spettacolare, per anni erano stati gettati i bambini handicappati o affetti da albinismo. La zona sottostante era ricca di ossa umane anche perche`su quelle roccie si era combattuta e conclusa la guerra tra la tribu` dei Pare e i Masai. Quest`ultimi, erano stati condotti li con l`inganno e dopo una estenuante battaglia erano stati spinti fino al bordo delle rocce e costretti a precipitare nel vuoto. Un luogo di morte, quindi. Ma dall`aspetto piacevole e pieno di luce. Assieme ad alcuni turisti Americani che si trovavano li scattai delle foto, ammirando il paesaggio che si perdeva all`orizzonte. Un`immagine straordinaria e senza confini, l`Africa che molti viaggiatori speravano prima o poi d`incontrare.
Infine, guardando la stretta stradina che che scendeva a valle, immaginavo il mio viaggio di rientro che si sarebbe svolto il giorno seguente: pressato come una sardina avrei viaggiato fino a Same e poi Moshi, capolinea del mitico pulmino verde chiamato Kilenga, un nome di origine Meru.
  
  
  
  



  
  
  

  http://www.youtube.com/watch?v=vN0XQ_SmWUo

sabato

Sessanta bastonate (occhio alle braghe!)

1. Guarda dove vai
In Tanzania ogni villaggio e`sotto la giurisdizione dell`almashauri locale, cioe` un ufficio comunale che rappresenta il governo nel territorio. Oltre all`almashauri c`e` anche un consiglio degli anziani formato dai rappresentanti delle etnie presenti che si occupa dell` applicazione della legge tribale. Il consiglio degli anziani ha l`autorita`di risolvere questioni minori e fatti riguardanti il “buon comportamento” delle persone. Possono anche emanare leggi e farle rispettare senza che il governo possa interferire, tranne che in alcuni casi particolari. Pertanto, quando ci si reca in una zona abitata da una tribu` diversa dalla propria e` bene informarsi delle leggi locali, onde evitare pericolose incomprensioni o peggio ancora prendere qualche dolorosa bastonata.

2. I jeans a vita bassa

Tra i villaggi di Imbaseni e Kiwawa c`e`un piccolo mercato. Viene chiamato akina mama perche`durante le ore diurne e` affollato da donne che vendono ortaggi, focacce e pesce fritto. Verso sera pero` l`atmosfera cambia: gli ortaggi, le focacce e il pesce fritto spariscono e vengono rimpiazzati dalla birra locale, il mbeghe, un pericoloso distillato ricavato dalle banane. Pericoloso perche` ogni tanto qualcuno muore intossicato. Alla sera al mercato di akina mama c`e` sempre festa. Droga, alcol, musica a tutto volume e prostitute grassocce da 2euro e mezzo. Gli abitanti dei villaggi vicini accorrono per celebrare la fine della giornata e ubriacarsi il piu` possibile.

Il mercato di akina mama e` un orrendo slam in miniatura, 50 metri quadrati di baracche sporche e puzzolenti. Gli anziani del villaggio allora, meta`Wameru e meta` Wanyiramba, (le due tribu` presenti) preoccupati dello stile di vita immorale e corrotto dei giovani, si sono riuniti per  trovare una soluzione. Dopo ore e ore di incessante discussione e` stato identificato il problema: i jeans a vita bassa. Oltre ad essere orrendi, mettono in mostra le chiappe delle persone, quindi devono essere vietati. Le donne che li indossano inducono in tentazione il maschio che allora cerchera` il sesso a pagamento. L`uomo che li indossa e` uno scemo che disonora la famiglia e il consiglio degli anziani. Per questo, chiunque si rechera`al mercato di akina mama indossando quei  jeans abominevoli sara` punito con sessanta bastonate.

3. La folla non perdona

La scorsa settimana, la polizia ha interrogato i rappresentanti locali di akina mama. Sono accusati di aver ordinato il pestaggio di due persone che indossavano i jeans. Le vittime, ignare della legge locale, hanno riferito di essere state aggredite da una folla inferocita e ubriaca, armata di bastoni e pietre. Una delle due vittime, dopo la bastonatura e` stata colta da infarto ed e`stata accompagnata in ospedale. I rappresentanti locali si difendono dicendo che in Tanzania la legge tribale fa parte del sistema legislativo e viene applicata secondo le indicazioni degli anziani. Quindi, per legge, hanno l`autorita` di fare rispettare le loro regole.
http://www.youtube.com/watch?v=YvkX3t5LgVI 
http://www.youtube.com/watch?v=ITcSNyOquiA

martedì

Scimmie a Monduli


Osservando il paesaggio attraverso il parabrezza, mi rendevo conto che durante la mia lunga permanenza in Africa avevo trascorso centinaia di ore in quella postazione, cioe` nel primo sedile di un autobus diretto da qualche parte. Essere seduto li davanti era sempre un gran vantaggio, potevo godere di un`ottima visuale e alla mia sinistra avevo un finestrino di aria pulita tutto per me. Alla mia destra, cioe` tra me e l`autista, c`era sempre un altro passeggero con cui potevo fare una piacevole conversazione. Quella mattina di fine maggio stavo andando a Monduli, e il passeggero al mio fianco si chiamava Samuel. Samuel era un insegnante di matematica e siccome la scuola dove lavorava aveva chiuso per le vacanze, tornava a Monduli, dove viveva la sua famiglia d`origine.
-Sono preoccupato- disse Samuel 
-Perche`?- risposi –
-E`per via dei miei parenti-
-Hai qualcuno ammalato a casa?-
-No, no, e` che… I miei parenti mi chiederanno soldi, vorranno dei regali-
-Ah beh…-
-Sai com`e`, sono l`unico della famiglia ad avere un lavoro in citta`, percio` i miei famigliari pensano che io sia ricco!-
-I tuoi famigliari non ce l`hanno un lavoro?-
-Si, si, quasi tutti sono agricoltori, ma combinano poco. Qui la terra non e` buona, per via dell`erosione. Qui vicino ci sono dei ricercatori canadesi che stanno studiando il problema; cercano di capire che cosa si potrebbe coltivare per arricchire il terreno-
La solita minestra pensavo, stranieri che fanno il lavoro che gli africani non faranno mai, cioe`occuparsi dei loro problemi.
-Per questo, torno a casa il meno possibile, sono dei grandi scrocconi!-
Non era la prima volta che sentivo una storia del genere. Quella situazione era per la verita` molto frequente nei villaggi africani, soprattutto in quelli piu` isolati, dove la gente viveva in famiglie allargate; spesso il confine tra famiglia e comunita`era inesistente. I piu` poveri chiedevano e ottenevano supporto a quelli che avevano un lavoro o quelche reddito. I bambini mangiavano nelle case dei vicini. Le donne condividevano il pozzo dove attingere l`acqua e gli uomini lavoravano per garantire una vita dignitosa per gli anziani. Un sistema di vita comunitario necessario per far fronte alla dura vita africana; in una nazione dove lo stato sociale e la previdenza erano ancora poco piu` che un miraggio. Pero`, pensavo che quello stile di vita non fosse dettato da uno spiccato senso di solidarieta` nei confronti del prossimo (la chiaccherata con Samuel ne era forse  la prova), ma piuttosto che si incastrasse perfettamente con la tradizione africana, dove c`era promiscuita`, poligamia, ma anche senso della comunita` e un profondo rispetto per gli anziani. Chissa` che cosa avrebbe detto Nyerere, il primo presidente tanzaniano,  nel vedere che l`ujamaa, cioe` il sistema di vita comunitario da lui promosso, pur non avendo dato i risultati previsti in termini di sviluppo agricolo e progresso, aveva in compenso garantito l`assistenza ai poveri.
-Quelli mi chiederanno soldi, soldi, soldi! Pensa che l`ultima volta mi hanno chiesto di comprargli un trattore! E poi soldi per questo, soldi per quello...-
Sceso dall`autobus attraversai il centro di quella piacevole cittadina (anche se un vero centro non esisteva), dove vidi strade asfaltate, una scuola elementare con un campo da calcio annesso, un ospedale e un campo per l`addestramento militare. Cose che tutto sommato facevano pensare ad un buon livello di sviluppo, anche se la gente di Arusha mi aveva detto che la ragione della presenza di quelle strutture stava nel fatto che Monduli, era il paese natale di un  chiaccherato politico (forse corrotto) del CCM, tale mr. Lowassa.
Poi mi diressi verso il sentiero che si addentrava nella foresta, meta della mia escursione. Avrei potuto organizzarmi con quelli del turismo culturale e fare una visita guidata, ma forse a causa della chiaccherata con Samuel, anch`io ero preoccupato di trovarmi ad avere a che fare con una guida scroccona e pretenziosa. Cosi` proseguii da solo, dopo aver acquistato un macete perche`  in quel periodo la vegetazione sarebbe stata fitta e spinosa e probabilmente avrei dovuto farmi strada.
Salendo un po`alla volta mi resi conto che il sentiero non era poi cosi` male, tranne che per alcuni tratti dove il macete risultava utilissimo. Mi trovavo forse soltanto ad un paio di km dalla strada asfaltata quando notai alcune buche nel terreno, della dimensione di un pallone da calcio: senza dubbio le impronte di un elefante. Per la verita` mi era stato detto che non c`erano animali nelle vicinanze e che la zona era sicura, ma in fondo...chi poteva averne la certezza? Avevo forse sottovalutato i rischi del caso? Ero stato imprudente a recarmi in quel luogo che, seppur a due passi dalla citta`, era governato da leggi proprie? Evidentemente no, perche improvvisamente intorno a me apparvero una dozzina di bambini scalzi. Formichine laboriose che raccoglievano legna per il fuoco, trasportavano sulla testa delle fascine e si dirigevano a valle. –Stai tranquillo mzungo!- dicevano quelli –noi qui ci veniamo ogni giorno, ci sono gli elefanti, ma non c`e` pericolo. Pero` non attardarti, oggi potrebbe piovere!-  Quelle raccomandazioni riguardanti esclusivamente le condizioni atmosferiche mi rassicurarono, cosi` proseguii nel sentiero. Tuttavia feci attenzione a non allontanarmi troppo perche` quelle impronte mi sembravano fresche, e anche se per i bambini-formica gli elefanti costituivano una normale presenza del luogo, per me rappresentavano un potenziale pericolo da evitare. Ricordando le raccomandazioni  non mi attardai, mi fermai solamente qualche minuto per osservare alcuni esemplari di Guereza (ne contavo 10), cioe` scimmie nere col pelo bianco sul muso e la schiena, se ne stavano tra due enormi piante, balzavano tra i rami, offrendo ad ogni salto una spettacolare esibizione degna di un bravo ginnasta. 
Scimmie nere, salti acrobatici, sguardi curiosi, occhi penetranti.
Osservando le scimmie pensavo a Doris Lessing, la scrittrice inglese cresciuta nello Zimbabwe ex Rhodesia che in uno dei suoi libri aveva cosi` descritto l`Africa: "Africa gives you the knowledge that man is a small creature among other creatures, in a large landscape" Quanto vere erano quelle semplici parole scritte nel lontano 1951! Pensavo che ancora oggi, dopo piu` di mezzo secolo non esistesse una definizione piu` appropriata per descrivere quelle terre lontane. 
Tornato in citta`, dopo essermi ancora una volta lasciato alle spalle le foresta africana, andai al ristorante a mangiare un piatto di carne arrostita. Mangiavo seduto ad un tavolo davanti alla grande e assordante televisione che trasmetteva il telegiornale. La notizia del giorno era che Zanzibar era nel caos, visto che 2 chiese e l`abitazione di un prete erano state date alle fiamme da un gruppo di facinorosi che ineggiavano all`indipendenza di Zanzibar dal governo tanzaniano. Il conduttore del tg mostrava anche i titoli dei maggiori giornali del paese. Ad esempio il citizen diceva: Crisi a Zanzibar, dov`e`il presidente? Cioe` se la prendeva con Shein, il presidente musulmano di Zanzibar che dopo una settimana dall`inizio dei tumulti non aveva ancora condannato la violenza con una dichiarazione ufficiale.
-Eh, si,- sentii una voce scherzosa alle mie spalle-
-Shein...is a Shame!- Era Samuel, l`insegnante di matematica che adesso era in compagnia dei suoi amati famigliari che di li a poco gli avrebbero sicuramente scroccato il pranzo! Il suo ironico saluto mi era sembrato una richiesta di aiuto perche` si vedeva che non era a suo agio e avrebbe di gran lunga preferito bere una birra al mio tavolo…
Finito di mangiare presi il primo autobus per tornare ad Arusha. Dal finestrino potevo ancora scorgere le verdi colline di Monduli.

 http://www.youtube.com/watch?v=nkXuLu4STLI

giovedì



sabato

Fine di una strega


Sto tornando a casa dopo un pomeriggio trascorso al campus dell`universita` di Arusha. 
Ho consumato un buon pasto, preso in prestito un libro, scritto qualcosa al computer e chiaccherato con un paio di persone. L`atmosfera e`la solita, quella di un lento pomeriggio che sta per concludersi. Il sole finalmente concede un po di tregua e illumina il paesaggio di traverso. E`il momento in cui l`ambiente africano appare nel migliore dei modi: la vegetazione e` viva piu` che mai, con dei colori che mutano ad ogni istante, fino all`inevitabile e bellissimo tramonto. 
Cammino in una strada che ho percorso centinaia di volte.
Una strada rossa in mezzo al verde. 
Una strada che dalla collina mi portera`fino`alla valle.
Mi fermo ad osservare un oggetto mai notato in precedenza: una vecchia carriola sul bordo della strada, completamente fatta di legno, ruota e cassone e manubrio compresi. Afferrandola con le mani mi accorgo che e` perfettamente funzionante, anche se la ruota di legno non e` molto scorrevole. Pero` penso che con un po` di grasso la si potrebbe sistemare…
Improvvisamente sento delle grida, provenienti dal basso. La zona sottostante, parzialmente coperta dalla fitta vegetazione, e` molto popolata e si chiama Nganakoli. Le grida sono ancora distanti e confuse, percio` non capisco nulla di quello che viene detto. Poi, scendendo per la strada, vedo che laggiu` in lontananza c`e` una piccola folla cenciosa e disordinata che si sta dirigendo verso un prato adiacente ad un grande campo di mais. Nel prato ci sono tre persone. Ai loro piedi giace un fagotto avvolto in un kanga, cioe`una stoffa colorata tradizionalmente usata come vestito dalle donne africane. La folla si ferma e per un attimo rimane in silenzio. Qualcuno dice qualcosa, altri ascoltano, discutono, gesticolano. 
Poi, improvvisamente e` l`inizio dello show. 
Un calcio per cominciare, poi un altro e un altro ancora. Ecco che il fagotto sul terreno si muove e rimbalza come un pallone. Uno, due, tre, uno, due, tre…Poi e` la volta delle pietre. Ogni persona, una pietra. E` una gran sassaiola quella che vedo, e anche se dura soltanto 30 secondi e` sufficiente a coprire parzialmente il fagotto. Le donne gridano come pazze, chiaramente eccitate dal sordo rumore prodotto dall`impatto delle loro pietre. Gli uomini non sono da meno, muovono istericamente le mani nell`aria, come per afferrare qualcosa d`invisibile; invocano il nome di dio e gridano strani anatemi. I bambini invece se ne stanno piu` indietro, alcuni di loro, con abilita` scimmiesca si arrampicano sulle piante piu` alte, da dove possono osservare con attenzione e curiosita` l`azione degli adulti. Nel frattempo altre persone accorrono. Ma certo, quello show e` imperdibile ed e` qualcosa che riempie la monotonia di quel lento pomeriggio africano. 
Ecco, e`giunto il momento di infliggere il colpo finale: arriva una donna con una bottiglietta di plastica con la scritta acqua Kilimanjaro-coca-cola-company. Versa il contenuto della bottiglietta sul fagotto e poi accende un fiammifero.  Il un atttimo il rogo divampa e tutti urlano trionfanti! Inizialmente si tratta di una buona combustione, ma evidentemente il kerosene utilizzato non e` sufficiente perche`il fuoco si spegne quasi subito tra la delusione della folla che si aspettava uno spettacolo piu` lungo. Comunque, a detta dei presenti, non e` che sia andata poi cosi` male perche` all`inizio, durante le prime fiammate, il fagotto  era sobbalzato un paio di volte per poi collassare sul praticiello ora anch`esso un po` abbrustolito…Come da copione, quando tutto e` finito, arriva la polizia e la folla si disperde. I poliziotti, che sono neri e incazzati, cioe` voglio dire incazzzati neri, cominciano a fare domande per capire che cosa sia successo, anche se sanno benissimo di che cosa si tratta e che alla fine non potranno mica arrestare nessuno. Alle loro spalle intanto giace il fagotto, dal quale adesso sale un odore probabilmente nauseabondo perche` i poliziotti si tappano il naso con le dita. Dalle piante arriva anche l`irriverente commento dei bambini che gridano nyama nyama nyama choma! (carne arrosstita!) I poliziotti pero`, con grande professionalita` continuano il loro lavoro, annotando in un taccuino le varie testimonianze. 
Cammino in una strada che ho percorso centinaia di volte. 
Una strada rossa in mezzo al verde. 
Una strada che dalla collina mi portera`fino alla valle... http://www.youtube.com/watch?v=LMagP52BWG8
http://www.youtube.com/watch?v=bkKOnS8J5GM