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martedì

Scimmie a Monduli


Osservando il paesaggio attraverso il parabrezza, mi rendevo conto che durante la mia lunga permanenza in Africa avevo trascorso centinaia di ore in quella postazione, cioe` nel primo sedile di un autobus diretto da qualche parte. Essere seduto li davanti era sempre un gran vantaggio, potevo godere di un`ottima visuale e alla mia sinistra avevo un finestrino di aria pulita tutto per me. Alla mia destra, cioe` tra me e l`autista, c`era sempre un altro passeggero con cui potevo fare una piacevole conversazione. Quella mattina di fine maggio stavo andando a Monduli, e il passeggero al mio fianco si chiamava Samuel. Samuel era un insegnante di matematica e siccome la scuola dove lavorava aveva chiuso per le vacanze, tornava a Monduli, dove viveva la sua famiglia d`origine.
-Sono preoccupato- disse Samuel 
-Perche`?- risposi –
-E`per via dei miei parenti-
-Hai qualcuno ammalato a casa?-
-No, no, e` che… I miei parenti mi chiederanno soldi, vorranno dei regali-
-Ah beh…-
-Sai com`e`, sono l`unico della famiglia ad avere un lavoro in citta`, percio` i miei famigliari pensano che io sia ricco!-
-I tuoi famigliari non ce l`hanno un lavoro?-
-Si, si, quasi tutti sono agricoltori, ma combinano poco. Qui la terra non e` buona, per via dell`erosione. Qui vicino ci sono dei ricercatori canadesi che stanno studiando il problema; cercano di capire che cosa si potrebbe coltivare per arricchire il terreno-
La solita minestra pensavo, stranieri che fanno il lavoro che gli africani non faranno mai, cioe`occuparsi dei loro problemi.
-Per questo, torno a casa il meno possibile, sono dei grandi scrocconi!-
Non era la prima volta che sentivo una storia del genere. Quella situazione era per la verita` molto frequente nei villaggi africani, soprattutto in quelli piu` isolati, dove la gente viveva in famiglie allargate; spesso il confine tra famiglia e comunita`era inesistente. I piu` poveri chiedevano e ottenevano supporto a quelli che avevano un lavoro o quelche reddito. I bambini mangiavano nelle case dei vicini. Le donne condividevano il pozzo dove attingere l`acqua e gli uomini lavoravano per garantire una vita dignitosa per gli anziani. Un sistema di vita comunitario necessario per far fronte alla dura vita africana; in una nazione dove lo stato sociale e la previdenza erano ancora poco piu` che un miraggio. Pero`, pensavo che quello stile di vita non fosse dettato da uno spiccato senso di solidarieta` nei confronti del prossimo (la chiaccherata con Samuel ne era forse  la prova), ma piuttosto che si incastrasse perfettamente con la tradizione africana, dove c`era promiscuita`, poligamia, ma anche senso della comunita` e un profondo rispetto per gli anziani. Chissa` che cosa avrebbe detto Nyerere, il primo presidente tanzaniano,  nel vedere che l`ujamaa, cioe` il sistema di vita comunitario da lui promosso, pur non avendo dato i risultati previsti in termini di sviluppo agricolo e progresso, aveva in compenso garantito l`assistenza ai poveri.
-Quelli mi chiederanno soldi, soldi, soldi! Pensa che l`ultima volta mi hanno chiesto di comprargli un trattore! E poi soldi per questo, soldi per quello...-
Sceso dall`autobus attraversai il centro di quella piacevole cittadina (anche se un vero centro non esisteva), dove vidi strade asfaltate, una scuola elementare con un campo da calcio annesso, un ospedale e un campo per l`addestramento militare. Cose che tutto sommato facevano pensare ad un buon livello di sviluppo, anche se la gente di Arusha mi aveva detto che la ragione della presenza di quelle strutture stava nel fatto che Monduli, era il paese natale di un  chiaccherato politico (forse corrotto) del CCM, tale mr. Lowassa.
Poi mi diressi verso il sentiero che si addentrava nella foresta, meta della mia escursione. Avrei potuto organizzarmi con quelli del turismo culturale e fare una visita guidata, ma forse a causa della chiaccherata con Samuel, anch`io ero preoccupato di trovarmi ad avere a che fare con una guida scroccona e pretenziosa. Cosi` proseguii da solo, dopo aver acquistato un macete perche`  in quel periodo la vegetazione sarebbe stata fitta e spinosa e probabilmente avrei dovuto farmi strada.
Salendo un po`alla volta mi resi conto che il sentiero non era poi cosi` male, tranne che per alcuni tratti dove il macete risultava utilissimo. Mi trovavo forse soltanto ad un paio di km dalla strada asfaltata quando notai alcune buche nel terreno, della dimensione di un pallone da calcio: senza dubbio le impronte di un elefante. Per la verita` mi era stato detto che non c`erano animali nelle vicinanze e che la zona era sicura, ma in fondo...chi poteva averne la certezza? Avevo forse sottovalutato i rischi del caso? Ero stato imprudente a recarmi in quel luogo che, seppur a due passi dalla citta`, era governato da leggi proprie? Evidentemente no, perche improvvisamente intorno a me apparvero una dozzina di bambini scalzi. Formichine laboriose che raccoglievano legna per il fuoco, trasportavano sulla testa delle fascine e si dirigevano a valle. –Stai tranquillo mzungo!- dicevano quelli –noi qui ci veniamo ogni giorno, ci sono gli elefanti, ma non c`e` pericolo. Pero` non attardarti, oggi potrebbe piovere!-  Quelle raccomandazioni riguardanti esclusivamente le condizioni atmosferiche mi rassicurarono, cosi` proseguii nel sentiero. Tuttavia feci attenzione a non allontanarmi troppo perche` quelle impronte mi sembravano fresche, e anche se per i bambini-formica gli elefanti costituivano una normale presenza del luogo, per me rappresentavano un potenziale pericolo da evitare. Ricordando le raccomandazioni  non mi attardai, mi fermai solamente qualche minuto per osservare alcuni esemplari di Guereza (ne contavo 10), cioe` scimmie nere col pelo bianco sul muso e la schiena, se ne stavano tra due enormi piante, balzavano tra i rami, offrendo ad ogni salto una spettacolare esibizione degna di un bravo ginnasta. 
Scimmie nere, salti acrobatici, sguardi curiosi, occhi penetranti.
Osservando le scimmie pensavo a Doris Lessing, la scrittrice inglese cresciuta nello Zimbabwe ex Rhodesia che in uno dei suoi libri aveva cosi` descritto l`Africa: "Africa gives you the knowledge that man is a small creature among other creatures, in a large landscape" Quanto vere erano quelle semplici parole scritte nel lontano 1951! Pensavo che ancora oggi, dopo piu` di mezzo secolo non esistesse una definizione piu` appropriata per descrivere quelle terre lontane. 
Tornato in citta`, dopo essermi ancora una volta lasciato alle spalle le foresta africana, andai al ristorante a mangiare un piatto di carne arrostita. Mangiavo seduto ad un tavolo davanti alla grande e assordante televisione che trasmetteva il telegiornale. La notizia del giorno era che Zanzibar era nel caos, visto che 2 chiese e l`abitazione di un prete erano state date alle fiamme da un gruppo di facinorosi che ineggiavano all`indipendenza di Zanzibar dal governo tanzaniano. Il conduttore del tg mostrava anche i titoli dei maggiori giornali del paese. Ad esempio il citizen diceva: Crisi a Zanzibar, dov`e`il presidente? Cioe` se la prendeva con Shein, il presidente musulmano di Zanzibar che dopo una settimana dall`inizio dei tumulti non aveva ancora condannato la violenza con una dichiarazione ufficiale.
-Eh, si,- sentii una voce scherzosa alle mie spalle-
-Shein...is a Shame!- Era Samuel, l`insegnante di matematica che adesso era in compagnia dei suoi amati famigliari che di li a poco gli avrebbero sicuramente scroccato il pranzo! Il suo ironico saluto mi era sembrato una richiesta di aiuto perche` si vedeva che non era a suo agio e avrebbe di gran lunga preferito bere una birra al mio tavolo…
Finito di mangiare presi il primo autobus per tornare ad Arusha. Dal finestrino potevo ancora scorgere le verdi colline di Monduli.

 http://www.youtube.com/watch?v=nkXuLu4STLI