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mercoledì

Ritorno in Sakila









Una delle prime cose che avevo notato al mio ritorno in Tanzania, era stata la comparsa di un`antenna sulla vetta della montagna Sakila. Un `antenna biancorossa, cioe` un`infrastruttura della vodaphone che di notte s`illuminava di una stana luce rossastra. Faceva pensare ad un addobbo natalizio e non deturpava piu` di tanto l`aspetto della montagna, forse ne conferiva un`aspetto singolare. 
Deciso a ripetere l`ottima escursione fatta tre anni prima, contattai Aseri, la persona che quella volta mi aveva accompagnato. Al telefono Aseri mi aveva spiegato che per mettere l`antenna quelli della vodaphone avevano costruito una strada e che quindi sarebbe stato molto piu` facile raggiungere la cima. Tuttavia intrapresi l`escursione da solo; non perche` non gradissi la compagnia di Aseri, ma perche`avevo improvvisato, cioe` una mattina mi ero svegliato e avevo deciso che sarei tornado a Sakila. Questa volta pero` avevo scelto la via piu` facile, cioe` avevo preso l`autobus fino a Katiti e poi aspettato la piccola corriera che saliva fino alla base della montagna. 
Era venerdi e a Katiti era giorno di mercato,quindi non sarebbe stato necessario aspettare troppo per trovare un passaggio. Salii sul primo autobus e sedetti a fianco dell`autista, in attesa che arrivassero altri passeggeri. Guardandomi attorno notai che anche se la stagione delle piogge in corso era generosa, il terreno era arido e polveroso. Forse quella era la normale conseguenza del sovraffollamento e inquinamento tipico di tutti i centri di mercato che avevo visto in Africa. Dopo aver controllato e ricontrollato che tutti i posti e spazi a disposizione fossero stati occupati (persone, capre e galline), l`autista mise in moto e partimmo. Gia` dopo 50 metri il paesaggio cambiava completamente. Il terreno arido e polveroso lasciava ora il posto alla terra rossa e alla lussureggiante vegetazione Africana. La strada pero` era pericolosa, la pioggia dei giorni precedenti era stata abbondante e aveva prodotto la formazione di buche e canali di scolo che attraversavano la carreggiata. L`autista, elogiato dai passeggeri, dimostrava una cetrta abilita`nello schivare quelle pericolose fessure ed evitare che il nostro mezzo di trasporto s`intrappolasse. 
Arrivato al capolinea, dove c`era un edificio che esponeva la bandiera del partito al governo, scesi e mi diressi verso l`inizio del sentiero. Gli immancabili boda-boda, con le loro motorette, mi offrirono un passaggio, ma rifiutai perche`volevo gustare pienamente il piacere di quella passeggiata Africana. Proprio come mi aveva detto Aseri, il sentiero era stato tramutato in una strada, ma talmente ripida che mi chiedevo se davvero una macchina oppure una moto sarebbe stata in grado di percorrerla. Proseguii, catturato dal verde della foresta e dalla terra rossa che mi portava avanti e avanti e avanti…Sporgendomi sul ciglio della stada vidi che l`enorme pianura sottostante era parzialmente diventata un laghetto, una preziosa risorsa per il bestiame allevato nella zona. Grazie alle piogge, anche l`agricoltura era estremamente ricca: c`erano grandi piantagioni di mais, fagioli e banani, ma anche carote, pomodori e patate. Ad un certo punto mio fermai di scatto, quasi spaventato perche` non mi ero accorto che c`era una persona seduta sul bordo della strada. Era un ragazzo sui vent`anni, li seduto che guardava me e non diceva nulla. Aveva la sindrome di down e mi pareva strano incontrarlo in quell luogo appartato…Anzi, no. Ripensandoci era normale che vista la sua condizione quel ragazzo africano vivesse solo e isolato. In esilio nel bush, una condizione che per molti europei come me a volte risultava essere piacevole e un po` eccentrica, ma che per altri meno fortunati significava una condanna a vita. 
Dopo circa mezz`ora raggiunsi la cima. La visione dell`enorme antenna quasi mi ripagava dello sforzo fatto. O meglio, la vista dell`antenna e dei pittoreschi personaggi che le sedevano attorno strillando inni e leggendo la bibbia. Prendevo atto del fatto che l`istallazione dell`antenna non aveva cambiato le abitudini dei cristiani che fin dal lontano 1969 (cosi` mi era stato detto) si recavano in pellegrinaggio a Sakila per pregare. I  devoti pellegrini, con le loro bibbie e le preghiere ad alta voce sembravano rivolgersi piu` all`antenna che non a qualche dio. Ecco che l`antenna vodaphone appariva come  un moderno monolite catalizzatore di cristiani e adoratori del mondo degli spititi. Riflettendo pero`, l`adorazione dell`antenna non mi sarebbe sembrata una cosa cosi`blasfema. In fondo, i telefonini e internet stavano veramente migliorando la vita degli africani. 
Senza disturbare i pellegrini cercai qualche spiazzo per scattare delle foto visto che il cielo si era aperto e la vista era fantastica. Il monte Meru e il Kilimanjaro non erano completamente visibili per via di alcune nubi che nascondevano le rispettive cime; ma le dorsali delle due montagne offrivano un magnifico paesaggio fatto di un verde ubriacante e una fiorente vegetazione. Poi mi spostai ulteriormente, percorrendo un sentiero che portava al lato opposto della montagna, sempre con lo scopo di fare delle foto. Ma tornai indietro quasi subito perche`improvvisamente mi ero trovato davanti ad una grottesca costruzione che fungeva da tenda. Dalla tenda-baracca provenivano gridolini di piacere che non lasciavano alcun dubbio: una sveltina era in corso in vetta, quindi tolsi immediatamente il disturbo. 
Sulla strada del ritorno rividi il ragazzo down, sempre li a guardare nel vuoto. Mi chiedevo se i virtuosi pellegrini avessero mica pensato di aiutarlo oppure coinvolgerlo nelle loro importanti attivita`…
Giunto alla base della montagna scattai l`ultima foto della giornata: una bambina che rincorreva un asino che trasportava alcune taniche per l`acqua. Un`altra imagine che raccontava la vita semplice di quel luogo lontano, Sakila.

giovedì

Un politico -2-

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La crisi della terra (dall`Arusha Times del 5 maggio, Happy Lazaro)
"Un morto e alcuni feriti sono il bilancio dell`ennesima invasione organizzata dai cittadini per appropriarsi con la forza di una fattoria. Gli abitanti dei villaggi di Poli e Seela Sin`gisi hanno invaso la fattoria chiamata Mito Miwili (Usa River) gestita dalla Pulsea and Agro Commodities Company. I guardiani hanno risposto con le armi da fuoco lasciando sul campo un morto e un ferito grave. Il comandante delle forze dell`ordine di Arusha, Thobia Andengenye, ha confermato l`incidente avvenuto la notte del 28 aprile, spiegando che circa 40 persone, armate di archi e freccie, pietre e lance, coltelli e macete, hanno invaso la fattoria procurando danni consistenti. Quattro trattori sono stati bruciati e un magazzino contenente un vasto assortimento di semi e fertilizzanti e` stato depredato. Reclamando il possesso della terra, gli invasori hanno rubato qualsiasi cosa potesse essere arraffata dalle loro mani. I danni sono ingenti, ma non ancora stati stimati. L`invasione alla Mito Miwili e` la terza degli ultimi 20 giorni. La prima era avvenuta alla Dolly Estate, situata in localita` Maji ya chai (Usa River), dove il recinto era stato abbattuto e gli invasori avevano reclamato il possesso della terra. Poi era stata la volta del Machumba Estate, dove gli invasori avevano gia` iniziato a dividersi la terra conquistata illegalmente. In entrambi i casi la polizia era intervenuta con i gas lacrimogeni..."
Ucciso un rappresentante dell`opposizione, sale la tensione (dall`Arusha Times)
La notte del 27 aprile, Msafiri J. Mbwambo, rappresentante locale del partito Chadema,  e` stato assassinato. Una settimana fa erano stati trovati i corpi di 4 persone uccise, sempre nella zona dell`Arumeru. Il neo-eletto Joshua Nassari ha dichiarato: "Difficile considerare questi omicidi come casuali e non associarli alle recenti elezioni che hanno visto il trionfo del Chadema..."


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Anche se l`elezione di Nassari si e` svolta in un clima relativamente pacifico secondo gli standard africani, i fatti di questi giorni sono allarmanti. 
Facciamo un passo indietro. 
Di cosa avevano parlato i politici durante la campagna elettorale? Dell`acqua, dell`elettricita`, delle strade e del costo della vita. Un altro punto importante era stato quello della terra. O meglio del possesso della terra, argomento spesso trattato sotto banco e poco esplicitato perche` delicato e controverso. Gli appartenenti alla tribu` Meru, ovvero la maggioranza etnica presente nel distretto Arumeru, reclamano il possesso della terra che secondo loro apparteneva ai loro antenati. Dicono che la terra di cui dispongono oggi non e` abbastanza e quindi ne vogliono di piu`. I politici di entrambi gli schieramenti allora, avevano sfruttato l`argomento della terra per ottenere consenso. In particolare, quelli del partito di opposizione Chadema avevano parlato di ridistribuzione equa in caso di vittoria e puntato il dito contro gli stranieri che amministrano grandi porzioni di terra. Quella di prendersela con gli stranieri, cioe`l`uomo bianco (anche se sarebbe piu` corretto di parlare di uomo giallo, olivastro e talvolta nero) e` una strategia che in Africa funziona sempre. C`e`poverta`? Colpa dei bianchi. L`economia cresce ma gli africani sono poveri? Colpa dei bianchi. I ministri del governo Tanzaniano sono accusati di aver sottratto milioni di dollari dalle casse dello stato?(notizia di questi giorni) “Si tratta di un`eredita` del colonialismo” diranno gli analisti piu` virtuosi e sapienti. 
Ma la crisi della terra e` reale o e` soltanto un espediente per ottenere consenso politico? Secondo il Tanzanian Investment Centre che ha sede a Dar Es Salaam, in Tanzania ci sono 44 milioni di ettari adatti all`agricoltura, di cui solo il 24.5% e` sfruttato. Ci sono anche 60 milioni di ettari per l`allevamento, ma soltanto il 26% viene utilizzato. Per questo, second il T.I.C. gli investitori sono fortemente voluti. Anche perche`, gli investimenti su larga scala, anche quelli che si occupano principalmente dell`esportazione (fiori, caffe`, frutta) hanno comunque ricadute positive sulla popolazione locale, attraverso la creazione di posti di lavoro, costruzione di infrastrutture e sviluppo di nuovi settori. 
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Sinceramente, pensavo che dare la colpa agli investitori stranieri per giustificare i problemi della Tanzania fosse una barzelletta. I 20 grandi estates presenti nel territorio dell`Arumeru, venivano utilizzati legalmente dagli stranieri con un regolare contratto d`affitto stipulato col governo. Inoltre creavano posti di lavoro e contribuivano a sfamare il paese. Quindi, le terre in questione non erano state rubate o sottratte con la forza ai residenti, ma semplicemente individuate dal governo come opportunita` d`investimento e assegnate ad alcune corporations. Quello che vedevo intorno a me era che i locali possedevano moltissima terra dove producevano soltanto agricoltura di sussistenza, e faticavano  parecchio per due motivi:
1-Non avevano nessun sistema d`irrigazione, nemmeno utilizzavano i metodi tradizionali dei loro antenati per raccogliere l`acqua.
2-Aravano con la zappa o con l`aratro trainato dagli animali
In questo senso, il governo e le amministrazioni locali nel corso degli anni avevano fatto ben poco per favorire la formazione di cooperative di agricoltori che sarebbero stati in grado di acquistare un trattore e altri accessori che avrebbero consentito lo sviluppo dell`agricoltura. Poi, per capire che cosa stava succedendo c`era un altro aspetto da considerare: il tribalismo. Gli invasori delle fattorie erano un gruppo organizzato e indottrinato dai politici locali che durante la campagna elettorale avevano esplicitamente fatto leva sull`appartenenza tribale. Di fatto, i Wameru, appena 20 giorni dopo l`elezione di Joshua Nassari, si erano sentiti autorizzati ad intraprendere azioni violente e fuorilegge per appropriarsi delle terre. Abitando nel cuore dell`Arumeru, avevo spesso parlato con la gente della questione della terra, e mi ero reso conto che per molti l`obiettivo era soltanto la sopprafazione, il predominio, il piacere di depredare i beni dell`altro, concetti abbastanza negativi che non davano molta speranza per il futuro. (A proposito di depredazione, bisognerebbe anche citare l`invasione avvenuta nel 2009 ai danni di un farmer Tanzaniano. In quel caso la sua fiorente piantagione di banani era stata abbattuta-rasata al suolo dai Wameru a colpi di macete!)
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Delle tre invasioni, quella che aveva maggiormente attirato la mia attenzione era stata la prima, quella del Dolly Estate, un grande possedimento che comprendeva una serra per la produzione di fiori, un campo di polo con un maneggio di cavalli, un esclusivo campo da golf, una zona residenziale e perfino una piccola riserva faunistica con gazzelle, kudu, facoceri, giraffe e zebre. Anche se poco distante (5km) dalla trafficata strada Arusha-Moshi, il Dolly era una splendida oasi in mezzo al nulla, un paradiso (anche se un po` artificioso) edificato dove prima c`erano ettari di terre abbandonate e semi deserte. Forse era stato proprio quello splendore a scatenare la rabbia e l`invidia degli africani che vivevano nella vicina Maji ya chai, una township gia` sovrafollata e sporca visto che i residenti gettavano la spazzatura ovunque, per poi lamentarsi del fatto che la terra non era buona per l`agricoltura... Un altro particolare interessante era che gli amministratori del Dolly erano Zimbabweiani. Agricoltori africani bianchi fuggiti dal regime di Mugabe. Nel corso degli anni, la dittatura del compagno Bob aveva distrutto l`economia del paese e ucciso migliaia tra agricoltori e dissidenti. Un tempo lo Zimbabwe era stato soprannominato il granaio del continente, vista l`enorme produzione di cibo che sfamava la nazione e veniva anche esportato negli stati vicini. Oggi invece lo Zim importava il grano dal poverissimo Malawi e tutti, bianchi, neri e sangue-misto scappavano da quello che era considerate un luogo pericoloso e senza cibo. Inoltre, come in Sudafrica, la strage degli agricoltori procedeva senza che i media occidentali prestassero grande attenzione. Le notizie delle invasioni e degli omicidi arrivavano alla gente soltanto grazie al lavoro certosino di alcuni blogger che pubblicavano le notizie e documentavano i fatti. Alcuni si spingevano oltre, cioe` sopstenevano che in tutto il sud dell`Africa fosse in atto un genocidio silenzioso nei confronti della popolazione bianca residente. Omicidi e invasioni sponsorizzate dai governi, una sorta di vendetta dei neri sui bianchi.
La Tanzania sarebbe affondata come lo Zimbabwe oppure avrebbe avrebbe rialzato la testa facendo leva sulle proprie origini Swahili? E le invasioni sarebbero continuate? Queste erano le domande che come me molti Tanzaniani si ponevano, sapendo che le depredazioni e il clima di violenza non avrebbe portato a nulla di buono.


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"Days of gloom and nights of darkness; sunless days and starless nights. Is the moon still in the heaven? Is the sky still in its place? Has the sky a place? What is time and what is motion? What is light and what is dark? Green, they say, needs light and sunshine; life they say, needs light and air. But where is the sun? Days of gloom and nights of darkness; jungle days and jungle nights. What`s the jungle? Why`s the jungle? And why is it so green? (Peter Abrahams)

Parole swahili

Asiyesikia la mkuu ataona makuu
Chi non ascolta l`anziano ne vedra` di grosse
Usipoziba ufa utajenga ukuta
Se non tappi la fessura ricostruirai la parete
Ulipo nzoga ndipo watakapokutanika tai
Dov`e`la carogna, la si raduneranno gli avvoltoi



Barua ni nusu kuonana
Una lettera e`meta`rivedersi
Mkulima ni mmoja, walaji ni wengi
Il contadino e`uno, i mangioni sono molti
Elimu ni bahari
La conoscienza e` un mare