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lunedì

YWCA e YMCA




Gli alberghi YWCA E YMCA si trovano in centro, vicino alle poste. Sono molto vicini l’uno all’altro, ma hanno entrate separate e indipendenti. I rispettivi nomi differiscono per una sola lettera: W sta per women M sta per men. In passato la clientela veniva selezionata in base al sesso, ma oggi tutto è diverso. La sigla YWCA significa Youth Women’s Christian Association, e si riferisce un’associazione mondiale che promuove i diritti umani.

Quando sono a Dar Es Salaam alloggio sempre qui. E la mia scelta sembra condivisa da molti turisti e viaggiatori che in questi posti trovano una stanza ad ottimo prezzo. E poi al YMCA c’è un buon ristorante, segnalato anche sulle guide internazionali. Riso, chapati e ugali serviti con pollo, carne bovina o pesce fresco. Contorno di vedura cotta, banane bollite, brodo di pesce e frutta fresca; ottima birra, bibite analcoliche e chai maziwa (the con latte) a tutte le ore.
Nella sala da pranzo ci sono circa venti tavolini firmati coca-cola. All’ora di pranzo è difficile trovare posto. Le persone non aspettano che si liberi un tavolo intero, quando una sedia è vuota automaticamente arriva uno e si siede. Questo facilita l’incontro tra le persone, trasforma il pranzo in una grande occasione di socialità. Mi dico che anche in Europa è così...ma non proprio così.
Molti dei clienti del ristorante sono colletti bianchi, gli impiegati dei numerosi uffici del centro. Nelle ore serali, ci sono spesso i partecipanti ai vari incontri che si svolgono nel giardino del YMCA.
Spesso, in questi posti, mi capita di incontrare strani personaggi:

1-Un indiano che mi diceva di aver perso tutto; era disperato perché aveva appena scoperto che la moglie lo tradiva. Lei era scappata in Kenya con il ricco amante e a lui non era rimasto che starsene al suo negozio a lavorare per pagare i debiti. –Lei, quella puttana! Pensa che una volta l’avevo scoperta che aveva una storia con un negro! Poi l’avevo perdonata, e che fatica avevo fatto, ma ora non più! Bastardi, un giorno li troverò!

2-Uno svizzero che viaggiava in bicicletta: partito da casa aveva attraversato l’Europa; giunto in Africa passando da Gibilterra era diretto a Città del Capo. Era un tipo alto, sulla quarantina e fortemente balbuziente. Il suo viaggio mi incuriosiva molto, tanto che mi complimentai con lui. Poi chiacchierammo un po’.- Il paese più be-be-be-bello che ho attraversato è il Sudan. Che gente ma-ma-ma-magnifica! Eh si, viaggiare in bici è bello. Pe-pe-pe-penso che arriverò a Cape Town t-t-t-t-tra qua-qua-qua-quattro mesi!

3-Un tanzaniano di nome Valencio. E’ il tassista ufficiale (più o meno) dei due alberghi.
Faccio affari discreti qui. Ci sono tanti wazungu. Io li porto alla stazione degli autobus e all’aeroporto. Oppure mi chiedono di portarli a bere una birra in un buon locale, così passo la serata con loro, gli guardo le spalle e poi li riporto in albergo. Le tariffe? Per andare alla stazione Ubongo sono diecimila. All’aeroporto quindicimila. Alla stazione Scandinavian...cinquemila. Vuoi andare a sentire un gruppo di bravi musicisti? Solo tremila.


4-Anna Mart:
Vivo a Cape Town, per me è la città più bella del mondo. Se ho girato parecchio? Certo che si! Europa, America e Asia. In Thailandia poi, ho vissuto e lavorato per 12 anni. Sono boera, i miei antenati erano olandesi, tedeschi e francesi. Penso che il Sudafrica sia ancora la migliore nazione africana, anche se abbiamo molti problemi. Vuoi sapere cosa penso del nostro governo, di quel...Zuma e delle sue mogli? Ah, è un personaggio incapace e non ha idea di cosa significhi lavorare. Ma meglio così. Meglio un’incompetente che non fa nulla, piuttosto che un’incompetente che lavora male! Il nostro paese va  avanti grazie alla minoranza bianca, questa è la verità. Basta entrare nelle banche, e guardare chi ci lavora, ad esempio. E chi ha pianificato la costruzione delle infrastrutture necessarie per i mondiali di calcio? Chi erano i capo-cantiere?
Non è questione di razzismo, ma bisogna anche dire come stanno le cose. Guarda lo Zimbabwe, ad esempio. Per anni è stato un leader mondiale nella produzione agricola, le fattorie erano gestite dai bianchi che, oltre a rendere produttiva la terra, davano lavoro a moltissimi neri. Poi, quando è cominciata l’espropriazione delle fattorie da parte del governo di Mugabe, lo Zimbabwe è sprofondato in una crisi economico-sociale senza fine. Le terre sono oggi abbandonate oppure gestite dai nuovi padroni neri che piangono miseria, invece che darsi da fare. La politica di Mugabe aveva l’obbiettivo di intimidire, cacciare e uccidere i proprietari terreni bianchi, nel nome di una presunta liberazione dall’invasore straniero... Ma oggi, sono moltissimi i zimbabweani neri che scappano in Sudafrica per fuggire la miseria assoluta. Sono migliaia, si sistemano in qualche baracca nelle township di Johannesburg...e i sudafricani neri gli odiano. E odiano tutti gli stranieri, senza distinzione.